VENTANNI DOPO L'EQUIPE 84  La sera di Ferragosto eravamo tutti lì. L'occasione era  troppo ghiotta, Franco Ceccarelli e i musicisti con i quali  ha ricostruito, in qualche modo, l'Equipe 84 si esibivano  nella piazza della stazione di Roccasecca. Un evento,  almeno per noi sensibili al sound e allo spirito degli anni  sessanta e annessi e connessi. Ecco quindi schierata tutta la redazione dell'Eco con i massimi vertici vale a dire il  Direttore  e il Web Master e gli umili redattori semplici  Miria e Ferdinando con Mietta nella veste di uditore.  L'appuntamento era per le 21,30, orario come al solito  fittizio, tanto che da buon esperto della situazione Gigio  resta appollaiato sul suo terrazzo salvo apparire  magicamente  a concerto iniziato sul palco munito della  sua nuova macchina fotografica .  Così a venti anni esatti dall'ultima esibizione dell'Equipe  84 nello stesso luogo, allora c'era ancora il grande Victor Sogliani che sarebbe scomparso nel 1995, Franco  Ceccarelli è salito di nuovo sul palco piazzato proprio davanti alla stazione.  Un saluto ai suoi compaesani di Caprile, dove ormai da anni Ceccarelli ha scelto di vivere per i motivi che poi ci  ha spie-gato nel "back stage" con tanto di intervista esclusiva per l'Eco di Roccasecca, e poi via sul filo dei  ricordi e delle canzoni.   Tanti racconti, tanti aneddoti e tanta buona musica grazie anche all'apporto dei quattro musicisti che lo  accompa-gnavano: il chitarrista Tony Mione an-che voce, il batterista Andrea Martella, il tastierista Giusto  Vincenzo Rossi e l'ottimo bassista Giuliano de Leonardis subito ribattezzato "Cochise" dal direttore.  Franco Ceccarelli apre il concerto con Bang Bang, e dopo il primo pezzo co-mincia a raccontare la storia  dell'Equipe e del movimento beat degli anni sessanta facendo riferimento soprattutto a quanti gravitavano  intorno a Modena e all'Emilia, autentica culla di buona parte della musica di quegli anni. Così nelle parole di  Ceccarelli scorrono le immagini mentali di Nomadi, Francesco Guccini, Augusto Daolio, Victor Sogliani, Renzo  Arbore, Rocks, Shel Shapiro, il Piper di Roma, l'Eden di Modena, il bar Grande Italia e chi più ne ha più ne  metta. La serata scorre via gradevole fra le notissime 29  settembre, Io ho in mente te, Pomeriggio ore 6,  Una giornata al mare, Nel cuore nell'anima, Un  angelo blu, Nel ristorante di Alice, Tutta mia la città,  e altre meno note ma ugualmente piacevolissime  come Resta, Cominciamo a suonare le chitarre, Sei  già di un altro, Casa mia e via così. Non sono  mancate "cover" di altri gruppi inserite perfetta-  mente nel quadro musicale raccontato da Franco,  in particolare C'è una strana espressione nei tuoi  occhi dei Rokes, gruppo insieme al quale ebbero  l'onore di suonare la sera dell'inaugurazione del  mitico Piper di Roma, e Apache degli Shadows,  epocale brano strumentale fonte di ispirazione per  ogni aspirante chitarrista che si rispetti, sul quale  Tony Mione dà il meglio della sua palese anima  rock, che si evidenzierà in altri momenti del  concerto, soprattutto nell'incandescente finale su Rendimi tutto quel che ti ho dato (cover di Tell Me dei Rolling  Stones), particolarmente ben riuscita).  Altrettanto interessanti delle canzoni i racconti che Franco ha alternato alla musica. Fatti noti ma anche  retroscena gustosi. Sfatato, per esempio, il mito della fantomatica rivalità con i Nomadi con i quali invece  Franco ha spiegato di aver avuto sempre un ottimo  rapporto di amicizia e collaborazione. Tanto che spesso si  erano scambiati canzoni e lui stesso è stato autore di  alcuni pezzi poi eseguiti dal gruppo di Novellara ma  sempre gravitante su Modena. A proposito dei Nomadi,  bella l'esecuzione della stupenda Un giorno insieme e  dell'immancabile Io vagabondo sulla quale però, come  molti sanno, mi dissocio in quanto contesto con forza che  tutti la eseguano ad ogni occasione. A Franco Ceccarelli  potrei anche passarla, tenuto conto della sua storia e della  vicinanza "culturale" con i Nomadi e con il grande Augusto  Daolio, ma a tutti gli altri andrebbe proibito assolutamente  di eseguirla. Anche tipi come la Big band 900 che si è  esibita sulla stessa piazza due giorni prima l'ha suonata a  nessun titolo e in modo naturalmente "da cani". Basta!   Uno spazio particolare Franco lo ha voluto riservare a Francesco Guccini, più volte citato con grande  reverenza, con l'esecuzione di pezzi storici come Auzschwitz, La bambina portoghese e Canzone per un'amica.  Ma anche Fabrizio De Andrè è stato omaggiato da Franco che ha spiegato come gli sarebbe piaciuto molto  collaborare con il maestro genovese. Un desiderio rimasto tale che è stato sottolineato con la proposta di una  versione del Pescatore. Anche in questo caso apprezziamo l'intenzione, un po' meno il prodotto finale.  Degli aneddoti sulle singole canzoni, il racconto più gustoso ha riguardato la censura che venne imposta sul  testo di Pomeriggio: ore 6 (cover di Marley Purt Drive presente sull'album ODESSA dei Bee Gees) dopo che  già ne erano state stampate alcune centinaia di copie (ora rarità assolute, naturalmente!). La canzone, che nel  testo italiano non aveva nulla a vedere con quello originale del gruppo australiano, parlava di una coppia di  ragazzi che si vede a casa di lei in assenza dei genitori, un argomento già di per sé ardito in Italia nel 1969. La  RAI ottenne la sostituzione della frase considerata oscena "non c'è amor platonico come usava ai tempi suoi"  con la più casta "non è tutto facile come usava ai tempi suoi". Cose che accadevano…  Da segnalare una piazza popolata oltre il prevedibile da un pubblico insolitamente, per le abitudini  roccaseccane, partecipe e caloroso. Alla fine dello spettacolo ci siamo ritagliati lo spazio per una chiacchierata informale con il disponibilissimo  Franco al quale non abbiamo mancato di citare l'Eco anticipandogli, anche per correttezza, che avremmo  riportato sul nostro giornale i discorsi fatti con lui. Intento che manteniamo molto volentieri, per coloro che sono  interessati. Ferdi Anno 15 n. 77                                       Ottobre 2010