Anno 16 n. 79 Febbraio 2011
Una lettera/proposta di Mario Izzi
A conferma dell’interesse che stanno suscitando le narrazioni provenienti dai due nostri amici, il celebrato
fotografo Roberto Matassa (memorie di Caprile ai tempi della II guerra mondiale, storie di emigrazione, etc.) e
il pittore Rocco Tanzilli (aneddoti e storie dedicate alla tradizione rurale e contadina) ci giunge una lettera del
“decano” dei dotti collaboratori dell’Eco di Roccasecca, Mario Izzi, il quale dedica ad entrambi buona parte
della simpatica missiva, che con piacere pubblichiamo.
Caro Riccardo,
ti ringrazio per le due ultime copie de “L’Eco” giuntemi un paio di giorni fa. Fai bene a valorizzare i compaesani
Roberto Matassa e Rocco Tanzilli, di Caprile, entrambi bravissimi a farci capire la loro vita passata,
esponendola magnificamente nella scrittura di paesaggi ed ambienti suggestivi dove sono vissuti tanto tempo
fa. Se fossi assessore alla cultura di Rocca d’Aquino (ma siamo purtroppo ancora a Roccasecca!) mi
premurerei di pubblicare un QUADERNO di quanto essi vanno narrando su “L’Eco” perché in ciò che scrivono
vi è per tanta parte anche la storia della nostra “piccola patria”, in particolare degli emigrati. Tanzilli mi ha
ricordato – avevo 15 anni – l’arrivo in paese di alcuni suoi parenti, espulsi allora dalla Francia (1941). Credo di
ricordare ancora che uno di quei ragazzi si fidanzò con la figlia di Miller, di Caprile; e penso di ricordare proprio
lui, trasformatosi in contadino, che conduceva le vacche passando sotto casa mia, verso Colle San Magno per
salvarle dalla razzia tedesca (Rocco Tanzilli ha confermato che Il ragazzo fidanzato con la figlia di Miller era
suo cugino Alfredo, ndr). Si era già nel 1943, dopo l’armistizio. Ho una foto d’epoca che ritrae un gruppo di
giovani sulla “villa”, insieme con Bruno Pallone – l’invalido – con Orazio Manente (suo cugino) proprio in quel
periodo e che credo comprenda anche uno di quei ragazzi arrivati a Lione. Spero di mandarti una copia della
foto in questione.”
La missiva di Izzi si conclude con un suggerimento:
“All’amico del Marocco suggerirei di leggere il Pentalogo dove c’è la ricetta che fa campà centanne!”.
Ed allora non possiamo mancare l’occasione per riproporre a tutti i memorabili versi in questione.
GLIU PENTALEGHE
Fu fatte gliu decaleghe
nell’era de Musè:
i’ so’ fatte gliu pentaleghe,
ca fa p’ me i p’ te.
E’ chisse nu pentaleghe
ca ve’ dalla ‘sperienza,
i tu n’n fa gliu maleghe
ca n’n me dà vedenzia.
E’ comm’ a ‘na ricetta
ca fa campà cent’anne,
tirènne la carretta
cu senza nu malanne.
(Conta: ‘ncricca le deta, una p’ vota)
I° - Tu parla ma statt’ attente,
rape le recchie i gl’occhie,
ca, po’, se n’n t’ s’ sènte,
te mittene ‘n ginocchie.
II° - Stai larghe dagliu mmedeche,
gli stesse dagliu parreche,
vai calme, senz’arteteche,
gliu stommeche mai careche.
III° - Po’, bivete l’acquata,
lu vine è troppo forte
i ‘nzèma alla fumata
t’ porta dritt’ a morte.
IV° - Fatica cu giudizzie,
cammina spisse a pède,
ca vòta cacche sfizie,
n’n tirà mai arrète.
V° Stai allègre, n’n fa cummeddia,
la vita accusì è fatta,
a tutte se remedia,
facènne èaura i patta.
Ie mo t’ la so’ data
Sta ‘nticchia d’ ricetta,
n’n me la sì pagata,
palmanche damme retta!
Mario Izzi, da Rime Roccaseccane, 1986