Anno 16 n. 79 Febbraio 2011
Memorie e ricordi
di Caprile . . . e oltre
(Ottava puntata)
15 febbraio 2011:
STORICA RICCORRENZA
Testo e foto di Roberto Matassa
Per me ancora una volta oggi e’ il giorno della memoria perché 67 anni fa avvenne
quel tragico evento <La distruzione di Montecassino>. Avevo già scritto tanto
sull’ECO di Roccasecca edizione numero 73 (The poppy day) che viene
celebrato ogni anno all’undici di novembre nel mondo anglosassone. Ebbene
tanto per ripetermi io quel giorno 15 di febbraio 1944 stavo proprio lassù alla Chiesetta
di Santa Maria, pochi kilometri distante dall’Abbazia; ero con i tedeschi, corpo
paracadutisti dislocati lassù. Quella mattina avevo appena fatto il mio viaggio con il
mulo giù a Colle San Magno a prendere due barilotti d’acqua alla fontana del paese,
era appena dopo le nove e avevo quasi risalito l’ultima curva di quel sentiero e
cominciai a vedere una folta formazione di aerei (fortezze volanti) che venivano da sud
est.
C’era un rumore stonante che risuonava in tutta l’area e si capisce, avevano la pancia
piena di bombe! Subito dopo le nove cominciò l’inferno; vedevo tanti pennacchi di
fumo alzarsi dalle bombe che cadevano senza sosta sull’Abbazia, lo spostamento
d’aria era assordante, misi il mulo tanto agitato al riparo lì nella chiesetta dove c’era
l’altare trasformato in mangiatoia con il fieno. Poi i tedeschi mi chiamarono all’angolo
sotto il campanile a pedalare una bicicletta ferma che generava la dinamo; ma quante
imprecazioni dicevano non vi dico! Stava succedendo, come dicono gli Inglesi <the
over killing (cioè ammazzare due volte)>. I tedeschi bestemmiavano nella loro lingua
e sbuffavano <VERFLUCHT E SACRAMENT> e ora capisco queste espressioni
perché’ mia moglie è tedesca e mi ha sempre detto di non ripetere quelle bestemmie.
E sotto quel campanile dove c’era tutto l’apparato telegrafico io continuavo a pedalare
ma loro non recapitavano più nulla. Ondate di aerei una dopo l’altra fino al pomeriggio,
poi Montecassino non c’era più! La montagna era diventata come un osso scarnato e
non c’era più verde. Si saprà poi che tutto quello non fece proprio solletico ai tedeschi,
ma paradossalmente uccisero tanti soldati alleati. Gli Americani chiamano questi
incidenti <friendly fire> fuoco amico.
Quanto eravamo stati fortunati lì in quel posto! C’era sempre qualche aereo ricognitore
col rumore di zanzare ad alta quota che spiava la Valle Del Liri etc. e se ci avessero
scoperti ci avrebbero appiattati e Caprile lì sotto ne avrebbe sofferto. Quel pomeriggio,
mezzo stonato e con un saluto arrogante li salutai con <Aufwiedersehn>, e mi
avrebbero dovuto prendere a calci dopo tutto perché quell’espressione ironica era
come dire <siete fregati>! E scappai giù al paese prima che facesse notte. Ero
convinto che dopo tutto quel pandemonio gli alleati finalmente stavano arrivando.
LA FUGA DEI VECCHI
Allora io avevo appena compiuto i 15 anni d’età e la mia famiglia stava a Napoli.
Stavo soggiornando dopo le vacanze autunnali dalla mia scuola Flavio Gioia a Napoli
dall’ottobre del 1943 ed ero lì a Caprile con i miei parenti. Chi si credeva che il fronte
si fermasse a Cassino? Così rimasi intrappolato per tanto tempo. Le cose andavano di
male in peggio e meno male che tanti paesani fecero una fuga volontaria; parecchi
presero la decisione di scappare attraversando il fiume Melfa in quel posto alquanto
attraversabile dove l’acqua non era tanto veloce e su una pietra l’altra ce la facevano;
poco tempo dopo i tedeschi ci misero una linea ben marcata con una dicitura che
diceva <chiunque attraversa verrà fucilato senza chiamata>. Quindi questo gruppo di
paesani riuscì a scapolarsela nelle contrade intorno a Santo Padre e nelle colline
intorno ad Arpino. E con questo gruppo quel giorno portarono via anche mia nonna
ormai più che ottantenne, tuttavia fu capace di salire le colline una dopo l’altra prima di
arrivare chissà dove, niente informazioni a quei tempi! Pensavamo che era questione
di giorni per la liberazione, così io mi arrangiavo con mio cugino Pasqualino. Ma non
fu così perché poi ci fu tanto da aspettare fino giugno.
LO SFOLLAMENTO
Qualche giorno dopo a Caprile avvenne di peggio, di primo mattino arrivarono alcuni
camion militari e si sentivano tanti lamenti e grida di disperazione giù alla strada: <via
via… vai vai… snell snell>. sbuffate in tedesco! Avevano radunato tanti paesani e li
forzavano a salire su questi camion, senza tener conto del nucleo familiare fra un
camion e l’altro; poi si seppe che li portarono a due destinazioni diverse, una fu
Cinecittà al campo dei profughi, gli altri a Perugia ove poi tanti morirono sotto un
bombardamento alleato ancora per <Friendly fire>. Fuoco amico, così si scusano gli
Americani!.Faccio il nome di alcuni miei conoscenti che portarono via: le due sorelle
Emilia e Giuseppina Tanzilli e la madre Paolina, poi le loro zie, Rosa, Celeste e
Bianca, e altri che non ricordo. Ringrazio M. Paolozzi che ci ha trasmesso i nomi di più
di venti Caprilotti uccisi in quei tragici giorni. L’idea dello sfollamento era quello di
spopolare il paese perché prevedevano Caprile come zona di resistenza e i paesani
gli sarebbero stati scomodi fra le schermaglie che erano previste! Caprile era
designato nei piani di resistenza, ed era comprensibile perché avessero scavato un
BUNKER a mezza luna proprio sotto la piazza!. Spero che un giorno venga custodito
come testimonianza di quei giorni! Quella mattina con la mia scaltrezza riuscii a
scappare (VEDI L’ECO DI ROCCASECCA N. 73 )
Allora, dopo aver lasciato la chiesetta di Santa Maria scesi giù a Caprile e mi affiancai
un’altra volta con un corpo di tedeschi che si erano accasati nella casa di
Tommasantonio Notarangeli, dove da piccolo ero tanto affezionato alla signora
<Mabel> Amabile, di origine Scozzese; era la moglie di Tommaso Antonio, ci passavo
tanto tempo in quella casa prima che mio padre ci portasse a Posillipo; lì c’era anche
la figlia Teresa che coccolava tutti noi fratelli quando eravamo piccoli. Quella casa poi
fu requisita dai tedeschi.
La stanza grande sotto a destra era adibita a deposito di coperte e indumenti militari e
mi facevano mantenere quel deposito in ordine così facevo il <leccapiatti> anche con
loro; alla fine ci rimaneva sempre un poco di brodaglia pure per me e qualche fetta di
pane nero con lardo spalmato. Avevo una gavetta di alluminio che aveva un manico
pieghevole che mi consentiva di infilarla alla cintura. Mi chiedevano di fare questo e
quello e preparare i panni. Rudolf con la sua motocicletta a navetta andava a
raggiungere quelli appostati verso Piedimonte. Il portone di quella casa era
abbastanza ampio per fare uscire con rapidità una mitragliera a due canne montate su
gomme; ricordo che ci furono diversi interventi quando per molti giorni aerei
LIGHTNING, a due fusoliere,scendevano in picchiata sganciando le bombe per colpire
il ponte Melfa e la stazione ferroviaria. Mi venivano i brividi quando calava le sera, con
il buio, non c’era elettricità e potevo solo tornare lassù alla casa natia con le finestre
ormai senza vetro e andavo ad accucciarmi a un angolo giù nella cantina, ero tanto
solo, Dio mio! Quanto era freddo! Mi coprivo con tutti i panni che possedevo, lunghe
nottate, tanto buio! e ancora buio! aspettando l’alba!
DOPO IL 15 FEBBRAIO
Tornando ai giorni dopo la distruzione di Monte Cassino, stavo proprio sulla strada e
pioveva leggermente senza sosta, l’aria umida come accade di febbraio; vidi avanzare
dalla fontana del paese una processione di gente, saranno stati più di una ventina, si
vedeva chiaramente che erano malandati e bagnati, tanti di loro solo avvolti con
qualche coperta, erano guidati da soldati tedeschi che avevano una cappa per
proteggersi dalla pioggia, e sotto avevano il fucile. Camminavano lentamente e di
fronte alla processione c’era un Benedettino che portava una croce di circa un metro e
mezzo e il Cristo aveva la mano destra staccata. La Croce la portava l’Abbate
Gregorio Diamare. Un Benedettino distinto aveva il cappello tipico dei superiori; io l’ho
potuto riconoscere da un documentario della BBC su quei giorni, probabilmente
filmato dai tedeschi per propaganda. Quelli non erano i sopravvissuti ma bensì sfollati
avviati alla salvezza (che fosse stato per umanità ci credo poco!). Sapete, lì a
guardare quella processione non c’era nessun’altro, sebbene nell’insieme di quella
visione così toccante ci fosse tanta umanità, nel paese non c’era rimasta neanche
una gallina per ossequiarli con una preghiera. Io ero l’unico spettatore. Dall’Abbazia gli
archivi storici erano stai già portati in salvo qualche giorno prima con i camion al
Vaticano.
Nel corso di tanti anni la mia memoria si era offuscata su questi eventi. Mi chiedevo
continuamente: se quel giorno 15 il bombardamento era terminato nel tardo
pomeriggio, come era possibile che quella gente fosse riuscita a scapolarsela fra tutti
quei ruderi e scendere giù a valle e camminare i circa 15 kilometri prima di
raggiungere Caprile?
Si saprà poi che nell’Abbazia ce n’erano rimasti tanti che si salvarono sotto i
sotterranei del Monastero ma altri morirono.
LA PROCESSIONE
Quindi quella processione di sventurati che passava per Caprile era stata organizzata
qualche giorno prima, ora per me e’ tutto chiaro. Passando sotto il balcone della casa
di Masantonio a Caprile, si dovettero arrestare di colpo perché Rudolf, quel figlio di
put. , aveva gridato ALT! Dal balcone scese giù alla strada infuriato e strappò la
coperta a una donna in prima fila che l’aveva avvolta intorno a una creatura. Dio che
figura! Quella creatura fu lasciata scoperta sotto la pioggia. E perché? Perché era una
coperta militare.
Nessuno disse una parola! Poi quella processione riprese quel lento cammino! Si
seppe poi che dopo Roccasecca furono portati a Castel Gandolfo e alcuni di loro
morirono sotto un bombardamento, sempre per <Friendly Fire>. Per me tutto
quell’evento e’ come una fotografia classica di un dramma accaduto. Per questo
Father Morrison, prete Cattolico a Fort William in Scozia, quando gli raccontavo
queste cose voleva aiutarmi a <scrivere le mie memorie> in inglese cosa che
purtroppo non fu possibile. Ora le scrivo volentieri perché col computer tutto mi viene
più facile. Di questi racconti in famiglia non vogliono sentirne.
Invece di ascoltarmi cominciano a sbadigliare!Alla mia età, 82 anni, voglio che queste
drammatiche evidenze arrivino in porto per chi vuole ascoltarle e più in là
nell’avvenire, perché questa non è solo la mia storia, ma e’ anche la storia di Caprile.
Devo dire che in questa nazione (Inghilterra) la gente legge tanto, in Italia non e’ così
e credo che a Roccasecca ancora di meno. Meno male che ho amici in Scozia e
anche qui in Inghilterra e parenti che mi seguono volentieri con questo scrivere. E poi
Riccardo Milan che si occupa di queste puntate sull’ECO e con tanta pazienza prende
tutto in considerazione.
REGISTRARE PER TRASMETTERE
Durante i miei anni ho avuto tanto a che fare con i tedeschi per ragioni di famiglia e ho
capito la differenza fra loro e noi da quest’altra parte delle Alpi. Quanti di voi si
ricordano di aver visto circa sessantasette anni fa quel manifesto con il profilo del
Duce incollato sul muro a sinistra della fontana di Caprile che diceva <credere
obbedire e combattere> … ebbene, i tedeschi l’hanno fatto, mentre noi Italiani
essendo molto più umani non potevamo farlo.
Tutti quei mesi con i tedeschi non li vedevo tanto come oppressori perché di azioni
come quella di Rudolf non ne vidi altre. Lui doveva essere il comandante, tutti gli altri
dovevano solo obbedire! Così scrivendo ho voluto chiarire con onestà il brutto, ma non
il bello che non c’era stato. Quando scrivo queste cose serie non posso mai
intromettermi col mio sarcasmo e umorismo come e’ mia abitudine perché questa
e’stata una cosa troppo seria. Dico di 67 anni fa! Da oggi in poi, non ne parlerò mai
più, ho fatto giustizia a me stesso!
Tutto per la commemorazione del 15 febbraio 1944
Un saluto a tutti i roccaseccani
Da Winchester, per l’Eco di Roccasecca
Roberto Matassa