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Un ricordo dell’ultima guerra
BATTAGLIA AEREA
di Rocco Tanzilli
Talvolta, quasi senza renderci conto, ci sono momenti del passato che riaffiorano nella mente. Avevo
appena quattordici anni quando la seconda guerra mondiale in Italia si era fermata a Cassino. Qui da
noi era un inferno.
Noi ragazzi eravamo un po’ incoscienti, non ci rendevamo conto della gravità di ciò che succedeva, ma
per i genitori era ben diverso.
Tante immagini, suoni, odori riaffiorano alla memoria: bombe, cannonate continue, rumori di aerei e di
mezzi assordanti; gente smarrita che gridava; militari tedeschi che andavano avanti e indietro a piedi e
con mezzi.
In campagna tutto era fermo, nessuno si azzardava di andare a lavorare nei campi. Oltre al pericolo
delle cannonate c’era quello dei rastrellamenti.
Siamo noi, oggi ottantenni, a poter testimoniare ciò che la nostra terra ha vissuto in quel periodo.
Ci sarebbe una infinita di fatti da raccontare, testimonianze talmente vere da non poterle dimenticare;
quando si raccontano fatti realmente accaduti di un certo tipo, chi non li ha vissuti potrebbe pensare a
ciò che si vede oggi in TV. Non era così, i fatti veri sono toccanti e la fantasia va lasciata da parte.
Questa volta voglio raccontare un episodio che spesso si ripeteva prima del passaggio del fronte.
Boston and Mustangs near the Melfa
Dipinto di L.P. Harris
E’ UN RACCONTO DI AEREI
Spesso e direi quasi ogni giorno, proveniente da nord, diciamo da Roma verso Cassino, arrivava
piuttosto lentamente un aereo tedesco MESSERSCHMITT, più o meno sopra Aquino. Io ed altri
seguivamo attentamente questo aereo perché sapevamo già la fine che avrebbe fatto. Ecco arrivare a
tutta velocità un aereo americano con il muso rosso, era un MUSTANG.
Noi tutti a guardare.
Si sentiva in lontananza un tatatatatatatataatata. Era il MUSTANG che mitragliava l’avversario.
All’altezza di Castrocielo e Caprile, il tedesco lanciava due fusti quadrangolari. Poi il paracadutista si
lanciava nei pressi del fiume Melfa, per sua fortuna zona occupata dai tedeschi. L’aereo precipitava
dalle parti di Arce. Noi seguivamo attentamente dove cascavano i fusti. .Eravamo ormai pratici perché
la cosa si ripeteva spesso. Questi fusti, quando arrivavano a terra, creavano un piccolo cratere che si
riempiva di cherosene. Ricordo perfettamente che questo liquido aveva il colore del mare.
Tutti pronti con i bidoni militari a raccogliere questo ben di Dio e non eravamo soli. Fatto il pieno, si
portava a casa questo liquido che per noi era una ricchezza.
Mio padre ,che sapeva fare un poco di tutto, si era specializzato nel costruire accendisigari. Con i
bossoli di mitragliatrice che fungevano da serbatoio, applicava nella parte superiore una rotellina fatta
da lui con la lima. Poi un tubicino che conteneva una molletta, sempre fatta da lui, spingeva una
pietrina ricavata da qualche arnese militare. Funzionava in modo meraviglioso e poiché poteva servire
per molti usi, ne fece parecchi.
Raccontare queste cose sembra frutto di immaginazione ma non è così, chi le ha vissute porta questi
tesori alle nuove generazioni con la speranza che ciò non debba più ripetersi.
L’Eco di Roccasecca, ovvero chi lo sostiene, sa fare tesoro di quanto è accaduto dalle nostre parti.
Pertanto torno a ringraziare gli amici Riccardo e Gianfranco per la dedizione a raccontare tutto ciò che
ci riguarda. Loro con tenacia stanno lasciando alla storia un vero tesoro. Il mio augurio , che possano
continuare per ancora molto tempo a preservarlo.
Rocco Tanzilli