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VENITE CON ME
Reportage su un viaggio in Australia
Prima parte
Testo e foto di Roberto matassa
La prima settimana di ottobre del 1980 partivo per un altro viaggio di quasi tre mesi, destinazione
<down under > così gli inglesi chiamano l’Australia cioè < giù sotto > perché si trova sotto al globo.
Avevo trasferito 3.000 sterline a una banca di Sydney e comprato circa 200 rullini 120 a Singapore e
via. Questa volta sentivo tanto il peso di questa decisione, soprattutto per aver lasciato la famiglia a
Fort William in Scozia per tanto tempo, e per l’impresa di dover girare tutta l’Australia. Solo
attraversando questo continente con l’aereo ci si può rendere conto quanto è grande questa nazione, o
meglio “continente australe”… ed io pensavo a come potevo “scapolarmela”!
Nei miei piani c’erano Sydney, Brisbane, Cairns, Alice Spring, Melbourne Canberra, Adelaide e Perth.
LA SORPRESA
Il taxista, mi portò in un albergo del centro, ma quando vidi il prezzo del Menzies Hotel, preferii cercare
qualche posto più economico. Presto imparai la geografia di questa grande nazione; da dove
cominciare?
Logicamente da Sydney, proprio il posto dove c’è tutto il riferimento storico, da Botany Bay a Port
Jackson e le Blue Montains. Facevo un poco fatica con l’orientarmi perché guardavo sempre a West
mentre dovevo riferirmi a East!
Non finivo mai di stupirmi per trovarmi in questa terra scoperta dal Capitano James Cook nella seconda
metà del diciottesimo secolo.
E le traversie di Ralph Rashleigh, perché’ avevo letto tutto dei suoi manoscritti da deportato < convict >
dall’Inghilterra per un piccolo reato, ma queste storie dei deportati erano sempre le stesse. Sapete, gli
Inglesi dovevano colonizzare questa terra!
C’erano in giro dispute sindacali con i piloti Australiani e io non potevo fidarmi di loro!
Il dilemma cominciò su come “scapolarmela” con i miei programmi! Scoprii che c’era un grande servizio
nazionale di autobus < Anset Pioneer > che collegava tutta la nazione ma non solo, con lo stesso
biglietto mensile vi erano incluse anche le gite turistiche, fra l’altro a prezzi molto economici! Dissi a me
stesso “se lo fanno tutti questi giovani con lo zaino (BAKPAKER) che vanno in giro per il mondo
generalmente in coppia, posso farcela anche io!”
Io avevo raggiunto più dei cinquant’anni, ma viaggiavo a pieno vapore! Dopo aver esplorato e
fotografato i punti focali di Sydney, cioè l’Opera House e il classico ponte da tutte le direzioni e <The
Blue Mountains >, mi misi in viaggio sul lunghissimo percorso della Pacific Road per Queensland, la
regione dell’Australia sempre semitropicale già piena di verde e di colori di piante e fiori di jacaranda e
tante palme. Immaginate quanto contrasto! Venivo dall’inverno della Scozia ( dove ti ci vogliono due
ombrelli, uno sopra e uno sotto! ) alla Gold Coast, Surfers Paradise; credetemi, era veramente un
paradiso di spiagge e tanta vitalità di gioventù.
Surfers Paradise
Eccomi in giro per il mondo come un avventuriero, ormai ero coinvolto con tutto questo, ma ero
confidente di farcela. Brisbane era bella e splendente, moderna, la vedevo con tanta tentazione per
emigrare e per un salto di qualità.
La prossima tappa, lunghissima, da Brisbane a Townville era come attraversare l’Italia da Reggio
Calabria a Bolzano; una costa piena di spiagge, una sola sosta prima di proseguire per Cairns e poi
Mossman. Fu durante quest’ultimo viaggio che incontrai Norman, un Neozelandese che voleva girare
tutta l’Australia, con una curiosa motivazione: per “dimenticare”! Era tormentato perché’ un giorno,
tornando a casa in orario insolito …trovò la moglie a letto con un altro! Un “classico”, no? Il poveretto
non la finiva di parlarne, senza odio o risentimento; raccontava questa cosa da come uno stordito!
Pensava che era solo lui a doverla possedere quella donna, ma quella scena tanto crudele, in fragranza,
era troppo per dimenticare!
Sydney, Harbour Bridge, Opera House
Io potevo solo offrirgli tanta simpatia! Gli dicevo non prenderla sul serio, trovatene un’altra, le donne
sono tutte uguali… Ma era solo un alibi per calmarlo! Però era una persona più che onesta, falegname di
professione, quarantenne credo, con un paio di baffi che poteva solo affumicarci le salsicce ma… le
avrebbe avvelenate! Mi chiese se ero disposto a condividere l’alloggio ovunque andavamo. Mi dissi che
sarebbe convenuto per dimezzare i costi degli Hostel. Arrivammo a Cairns di sera, Norman mi disse che
sarebbe andato a cercare qualche posto per la notte, e lo trovò proprio non tanto lontano dalla Bus
Station.
Si trattava di un caseggiato tipico con lunghe verande, circondato da tante piante di cocco. Feci una
bellissima dormita; la mattina quando andammo alla mensa per il breakfast notammo un alto numero di
anziani, tutti molto rispettosi, puliti e cortesi. Chiesi a Norman dove mai mi avesse portato! Lui
tranquillo mi rispose che si trattava del “the People Palace” della Salvation Army (l’esercito della
salvezza) ! E così aggiunsi un’altra esperienza! Direi, per quanto mi riguarda, un’ottima organizzazione
che opera in tutto il mondo.
A questo punto cominciai a sentirmi anch’io uno “Swangman” come vengono denominati in Australia i
gironzoloni senza una meta. A Cairns si potevano fare belle gite sull’altopiano di Kuranda; il conduttore
del minibus capì che ero italiano e mi fece notare un piccolo angolo sotto le palme di cocco. C’erano tre
tombe ben custodite perché’ storiche; si trattava di emigranti piemontesi che furono tra i primi pionieri
per lo sviluppo della coltivazione della canna da zucchero che risaliva all’inizio del novecento.
Proprio a Cairns ebbi il primo contatto con The Coral Reef (Barriera Corallina ) all’isolotto di Green Island
ad una sola ora di navigazione dalla terraferma. Ma quanto splendore di colori! E si vedeva tutto senza
bisogno della maschera (snorkelling) per quanto limpida era l’acqua. Questa per me fu la prima
esperienza della Barriera Corallina. Sentivo frequentemente fischiettare <Walzing Matilda > Bush Ballad,
un motivo che uno ha sempre sulla bocca, lo desideravano come inno nazionale, dopo un po’ di tempo
questo ritornello aveva conquistato pure me.
Il viaggio successivo fu lunghissimo , tredici ore, tutta una tirata da Cairns giù a Townsville per poi
incanalarci sulla Flinders Road per tutta la notte. La mattina ci fu una sosta, non posso dirvi molto
perché c’era poco o niente se non alte ciminiere; mi dicevano che la città era sotto terra! Infatti si
trattava di Mount Isa, chiamiamola una città sommersa nel deserto, dove si estraevano minerali.
Durante un altro percorso si vedevano all’orizzonte < windmill > mulini al vento; continuavamo il lungo
viaggio con brevi soste < stations > c’erano posti di ristoro per frugali <breakfast >. Ci si poteva anche
fare una doccia, volendo, ma gli ambienti non avevano porte, si doveva stare tutti nudi uomini e donne,
e Norman si tirò indietro; ma io dissi “meglio che niente” e mi ritrovai in mezzo a certi bidoni di grassoni
...
Il simpatico koala
Eravamo nel < Northern Territory > a Tennant Creek, che si trova tra Darwin, a nord, e Alice Springs a
sud. Proseguimmo verso questa ultima meta, sulla Stuart Road che taglia l’Australia in due, senza sosta
fino ad Alice Springs. Guardavo a destra e a sinistra nell’immensità del deserto e mi domandavo quando
sarebbe spuntata almeno una collinetta almeno come punto di riferimento. Si vedevano tante carcasse
di vacche , cosa non insolita in tempo di grande siccità.
Certamente i veri eroi su quei lunghi percorsi erano gli autisti, che guidavano anche per dodici ore prima
di darsi il cambio, silenziosi. Vi parlo del 1980 e tante strade non erano ancora asfaltate.
Arrivati ad Alice Spring, dopo tanti giorni di viaggio dissi a Norman che questa volta avrei preferito
andare in albergo per rimettermi un po’ in sesto! Norman che era più temprato di me ne fece a meno.
In questa cittadina < nell’outback >, cioè di terre remote isolate nel Northern Territoty, trovai un poco di
civiltà.
Alice Spring è molto carina con tante piante di eucalipto e con quella corteccia argentata così esotica,
circondata da un vasto deserto, grande quanto l'Europa, caratterizzato spesso da sabbia rossa; si
mostrava ai miei occhi come qualche cosa di veramente esclusivo! Ma quel fiume tracciato sulla mappa
era solo figurativo perché l’acqua non c’era mai!
RICORDI… COINCIDENZE… E TRISTEZZE … ALICE SPRING 1980
Il primo novembre nel mondo anglosassone si celebra la commemorazione dei caduti di guerra < The
poppy day > , cerimonie che avevo visto in precedenza presso il Comando Memorial a Fort William in
Scozia. Ora per pura combinazione mi trovavo ad assistere alle stesse commemorazioni, passando dalle
nebbie scozzesi al deserto dall’altra parte del mondo. Quanta solennità in quei soldati schierati di
fronte a quel monumento: erano lì, tali e quali come li avevo visti al Ponticello di Caprile durante quella
fase della Guerra. Sotto a quel monumento dov’erano schierati c’era la dedica < THEIR NAME LEAVE
FOR EVER > ossia Il loro nome vivrà per sempre. Mi dicevo, amici o nemici erano andati a morire in
Europa! Vestivano le stesse uniformi, pantaloncini corti e calzettoni sotto il ginocchio e quel tipico
cappello a larghe falde, proprio come li ricordavo dal 7 di giugno del 1945 durante la battaglia di
Cassino.
QUEL GIORNO
Il 7 giugno del 1945 era anche il mio onomastico.
Dopo il ritorno da su a monte con mio cugino Pasqualino Riccardi, mi accingevo a lasciarlo solo a Caprile
perché’ il fronte s’era finalmente aperto, gli alleati erano arrivati e io volevo scappare e ritornare in
famiglia a Napoli, capirete la mia ansietà. Salutai Pasqualino che rimase incredulo, mi chiese se ero
matto, dove andavo! Gli risposi che forse avrei impiegato meno di quattro giorni camminando sulla
Casilina e pernottando in qualche pagliaio. Quella mattina all’alba sentimmo due scoppi da sotto il livello
della strada, pensammo che ancora si stava combattendo nelle vicinanze. Partii, incosciente di cosa
andavo incontro, dovevo attraversare una scorciatoia! Trovai un soldato tedesco morto e pensai a quelle
esplosioni avvertite all’alba. Dopo poco, sulla stessa maledetta scorciatoia c’erano i cadaveri di Angelo
Di Litta, un amicone e Romeo Ricci, carissimo amico di famiglia, ma io non li vidi, ma lo venni a sapere
mesi, dopo quando ricoverarono i loro corpi quasi irriconoscibili.
AVVICINAMENTO A NAPOLI
Arrivato al Ponticello di Caprile sulla Casilina, vidi un via vai di tanti mezzi militari, come era come una
ondata, andavano tutti nella stessa direzione.
Fu lì che vollero controllare il mio lasciapassare, capii che volevano mettermi su qualche camion che
andava a Sud. Avevano letto sul lasciapassare chi ero e che dovevo ritrovare la mia famiglia a Napoli.
Curiosamente quel lasciapassare mi era stato rilasciato dagli Inglesi accampati vicino all’ossario del
cimitero di Roccasecca il giorno prima quando con Pasqualino ritornavamo a Caprile dopo un
lunghissimo viaggio attraverso monti e colline da Arpino. Al Ponticello di Caprile fu un soldato
australiano, con i calzini arrotolati fino al ginocchio e i pantaloni corti, che mi fece salire su un camion
militare che andava a Napoli. Attraversammo una Cassino irriconoscibile: come era ridotta! Questo
australiano si preoccupava molto di me durante il viaggio, mi sembrava tanto sole dopo la tempesta. Gli
dissi di farmi scendere in qualsiasi posto di Napoli, ma lui insistette nel volermi accompagnare fino a
casa, da mia madre, al quarto piano del palazzo di Vico Fonseca. Come avrei mai potuto immaginare
tanta disponibilità da parte di uno sconosciuto? Quel tardo pomeriggio ci fu tantissima emozione, mia
madre piangeva per la contentezza e anche quel caro australiano aveva le lacrime agli occhi per la
commozione, aveva capito che aveva fatto una grande azione! Con grande rammarico non ci
scambiammo i rispettivi nomi. Se solo ci avessi pensato, quel mio eroe l’avrei ricercato per tutta
l’Australia tanti anni dopo! Quelli erano tempi di pochissime gentilezze, se avesse aspettato un’altra
oretta mio padre che ritornava dal lavoro, l’avrebbe festeggiato. Inoltre, mio padre parlava l’Inglese
perché’ l’aveva imparato da ragazzo a Glasgow, e sicuramente si sarebbero scambiate un po’ di parole.
Così con grande rammarico lui non ci contattò mai.
Allora di fronte a quel monumento ad Alice Spring rileggevo quella dedica < They live forever > loro
vivranno per sempre e con la mente tornavo indietro a tanti anni prima, e mi chiedevo chi era quel
soldato? E dove è andato a finire! Durante gli anni ho sempre invocato “che Dio benedica quel soldato”.
Ad Alice Spring noleggiai una decappottabile per scoprire tanti posti di interesse: gli accasamenti degli
aborigeni e le rare piante di palme del deserto e quant’altro. Dissi a Norman che avrei pagato tutto,
dopo tutto erano le mie spese per il mio business. Quando riconsegnai la decappottabile ci avviammo
verso sud sui Bus dell’Anset Company.
C’erano pochissime strade asfaltate e quando si vedeva all’orizzonte una nuvola di povere sembrava un
tornado che si avvicinava, ma si trattava dei < road trains > cioè treni della strada con rimorchio; a quel
punto bisognava fermarsi ed aspettare fino a che la polvere si diradava prima di continuare. Avrei tanto
voluto sedere a fianco di quegli autisti con una veduta dominante del deserto. Trasportavano bestiame
destinato a Port Adelaide da dove lo imbarcavano per i paesi Arabi e chissà quante bestie morivano
durante quel percorso di almeno venti ore prima che arrivassero a Port Adelaide; io dico che c’era un po’
di crudeltà di quel business! Gli arabi, per ragione della loro religione volevano che gli animali venissero
consegnati vivi. Poi potete immaginare il resto del viaggio e attraversare l’Oceano Indiano per la
destinazione finale.
Aborigeno
Non era auspicabile fermarsi con quel caldo lungo quelle strade, perché le mosche ci prendevano
d’assalto; avevo comprato un cappellaccio con dei sugheri di bottiglia allacciati per ostacolare queste
mosche, ma non serviva a nulla e se a camicia era sudata ci si attaccavano in massa! Si vedevano tante
carcasse e scheletri di mucche ai lati delle strade. Da Alice Spring dopo tante ore si comincia a
intravedere la famosa montagna < AYERS ROCK > il posto più ricercato dai turisti in Australi).
Per gli aborigeni è un luogo sacro da rispettare. Il valore fotografico sta nel catturare il tramonto quando
i colori si intensificano gradualmente.
Il giorno dopo con una escursione a pochi chilometri per Mt. Olga vedemmo delle belle montagnole che
sembravano fatte apposta per essere fotografate. In quest’ultima gita facemmo un barbecue con fette di
bianco, salsicce e grosse bistecche che uscivano fuori l’orlo del piatto; c’era qualche Dingo - cane del
deserto - che annusava nei dintorni…
Mi ricordo bene che in quei giorni c’era tanta commozione sui giornali perché proprio vicino ad Ayers
Rock, poco prima, era avvenuta la sparizione di Azaria, una bambina in tenera età, sparita nel nulla
mentre era in campeggio con i suoi genitori. Si pensava che qualche dingo l’avesse trascinata tra gli
<Spinflex> cespugli spinosi del deserto. Questa storia della famiglia Chamberlain non fu mai risolta.
Fu in quelle zone che Norman un giorno mi diete uno spintone e disse “ma che se cieco?” mentre stavo
per passare sopra ad un serpente. Si dice che lì siano tutti pericolosi. Quella sera Norman mi comunicò
che aveva deciso di prendere l’autobus che andava a Sud per andare a vedere The Melbourne Cup, una
classica corsa di cavalli. Io pensai, che fosse rimasto a corto di dollari ma non fu così perché ci
rivedemmo ancora ad Adelaide e a Perth.
Ritornai sulla Stuart Road, questa volta con l’autobus per un altro lungo viaggio che mi portò a Coober
Pedy, chiamata “la capitale dell’opale”.
Ve la descrivo come quel famoso quadro della rinascita dei morti, perché c’erano tanti buchi nel deserto,
e chi entrava e chi usciva, perché lì la vita è prevalentemente “sotterranea” .Vivevano nel sottosuolo e
lavoravano nelle miniere. Anche la chiesetta era sotto terra; ma sentivo tanto sconforto anche lì sotto!
Allora scappai! Volevo andare in un posto più aperto, sai quanto mene importava dell’opale!
Il giorno dopo arrivai finalmente ad Adelaide dopo un viaggio di quindici ore. Finalmente avevo lasciato
l’inferno dietro e mi ritrovai nel verde di una città tanto serena, adagiata alle foci del fiume Torrens. Le
gite turistiche erano tutte per <Barossa Valley> dove ci sono le famose < Winery,> produzioni di vini
bianchi e rossi, la specialità di Barossa Valley. Erano così generosi negli assaggi che alla fine non
ricordavo più l’Inglese!
Kodak Beach
Cari amici lettori dell’ECO, spero che questa prima tappa australiana abbia suscitato
qualche interesse da parte vostra, perché’ sono ansioso di ricollegarmi con i miei
aficionados che mi seguono.
Scrivo anche per me stesso perché < la lingua batte dove il dente duole > … per me è vita
vissuta.
Sebbene abbia fatto altri viaggi in Australia, quanto ho scritto l’ho voluto descrivere così
come era nel 1980, con quei sentimenti e le stesse esperienze. Ora so quante nuove strade
e quanti aeroporti e quanto sviluppo del turismo s’è sviluppato in Australia.
Fortunato è chi può girarla con lusso! Però io l’ho attraversata solo con i autobus, ma mi
sento orgoglioso di quella esperienza. Terra a terra!
La prossima puntata sarà del West Australia Buona notte.
Ah, domani venticinque gennaio compirò 83 anni!
Alla prossima puntata
Roberto Matassa
Da Winchester, England, per l’Eco di Roccasecca