L’Eco di Roccasecca
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Anno 17 n. 83                                               Aprile 2012
Anno 17 n. 83                                               Aprile 2012
VENITE CON ME Reportage su un viaggio in Australia Prima parte Testo e foto di Roberto matassa La prima settimana di ottobre del 1980 partivo per un altro viaggio di quasi tre mesi, destinazione  <down under > così gli inglesi chiamano l’Australia cioè < giù sotto > perché si trova sotto al globo.  Avevo trasferito 3.000 sterline a una banca di Sydney e comprato circa 200 rullini 120 a Singapore e  via. Questa volta sentivo tanto il peso di questa decisione, soprattutto per aver lasciato la famiglia a  Fort William in Scozia per tanto tempo, e per l’impresa di dover girare tutta l’Australia. Solo  attraversando questo continente con l’aereo ci si può rendere conto quanto è grande  questa nazione, o meglio “continente australe”… ed io pensavo a come potevo “scapolarmela”! Nei miei piani c’erano Sydney, Brisbane, Cairns, Alice Spring, Melbourne Canberra, Adelaide e Perth.   LA SORPRESA Il taxista, mi portò in un albergo del centro, ma quando vidi il prezzo del Menzies Hotel, preferii cercare  qualche posto più economico. Presto imparai la geografia di questa  grande nazione;  da dove  cominciare?    Logicamente da Sydney, proprio il posto dove c’è tutto il riferimento storico, da Botany Bay a Port  Jackson e le Blue Montains. Facevo un poco fatica con l’orientarmi perché guardavo sempre a West  mentre dovevo riferirmi a East!    Non finivo mai di stupirmi per trovarmi in questa terra scoperta dal Capitano James Cook nella seconda  metà del diciottesimo secolo. E le traversie di Ralph Rashleigh, perché’ avevo letto tutto dei suoi manoscritti da deportato < convict >  dall’Inghilterra per un piccolo reato, ma queste storie dei deportati erano sempre le stesse.  Sapete, gli  Inglesi dovevano colonizzare questa terra! C’erano in giro dispute sindacali con i piloti Australiani e io non potevo fidarmi di loro!  Il dilemma cominciò su come “scapolarmela” con i miei programmi! Scoprii che c’era un grande servizio  nazionale di autobus < Anset Pioneer > che collegava tutta la nazione ma non solo, con lo stesso  biglietto mensile vi erano incluse anche le gite turistiche, fra l’altro a prezzi molto economici! Dissi a me  stesso “se lo fanno tutti questi giovani con lo zaino (BAKPAKER) che vanno in giro per il mondo  generalmente in coppia, posso farcela anche io!” Io avevo raggiunto più dei cinquant’anni, ma viaggiavo a pieno vapore! Dopo aver esplorato e  fotografato i punti focali di Sydney, cioè l’Opera House e il classico ponte da tutte le direzioni e <The  Blue Mountains >, mi misi in viaggio sul lunghissimo percorso della Pacific Road per Queensland, la  regione dell’Australia sempre semitropicale già piena di verde e di colori di piante e fiori di jacaranda e  tante palme. Immaginate quanto contrasto!  Venivo dall’inverno della Scozia ( dove ti ci vogliono due  ombrelli, uno sopra e uno sotto! ) alla Gold Coast,  Surfers Paradise; credetemi, era veramente un  paradiso di spiagge e tanta vitalità di gioventù. Surfers Paradise Eccomi in giro per il mondo come un avventuriero, ormai ero coinvolto con tutto questo, ma ero  confidente di farcela. Brisbane era bella e splendente, moderna, la vedevo con tanta tentazione per  emigrare e per un salto di qualità.  La prossima tappa, lunghissima, da Brisbane a Townville era come attraversare l’Italia da Reggio  Calabria a Bolzano; una costa piena di spiagge, una sola sosta prima di proseguire per Cairns e poi  Mossman. Fu durante quest’ultimo viaggio che incontrai Norman, un Neozelandese che voleva girare  tutta l’Australia, con una curiosa motivazione: per “dimenticare”!  Era tormentato perché’ un giorno,  tornando a casa in orario insolito …trovò la moglie a letto con un altro! Un “classico”, no? Il poveretto  non la finiva di parlarne, senza odio o risentimento; raccontava questa cosa da come uno stordito!  Pensava che era solo lui a doverla possedere quella donna, ma quella scena tanto crudele, in fragranza,  era troppo per dimenticare!  Sydney, Harbour Bridge, Opera House Io potevo solo offrirgli tanta simpatia! Gli dicevo non prenderla sul serio, trovatene un’altra, le donne  sono tutte uguali…  Ma era solo un alibi per calmarlo! Però era una persona più che onesta, falegname di  professione, quarantenne credo, con un paio di baffi che poteva solo affumicarci le salsicce ma… le  avrebbe avvelenate!  Mi chiese se ero disposto a condividere l’alloggio ovunque andavamo. Mi dissi che  sarebbe convenuto per dimezzare i costi degli Hostel. Arrivammo a Cairns di sera, Norman mi disse che  sarebbe andato a cercare qualche posto per la notte, e lo trovò proprio non tanto lontano dalla Bus  Station. Si trattava di un caseggiato tipico con lunghe verande, circondato da tante piante di cocco. Feci una  bellissima dormita; la mattina quando andammo alla mensa per il breakfast notammo un alto numero di  anziani, tutti molto rispettosi, puliti e cortesi. Chiesi a Norman dove mai mi avesse portato! Lui  tranquillo mi rispose che si trattava del “the People Palace” della Salvation Army  (l’esercito della  salvezza) ! E così aggiunsi un’altra esperienza! Direi, per quanto mi riguarda, un’ottima organizzazione  che opera in tutto il mondo. A questo punto cominciai a sentirmi anch’io uno “Swangman” come vengono denominati in Australia i  gironzoloni senza una meta.  A Cairns si potevano fare belle gite sull’altopiano di Kuranda; il conduttore  del minibus capì che ero italiano e mi fece notare un piccolo angolo sotto le palme di cocco. C’erano tre  tombe ben custodite perché’ storiche; si trattava di emigranti piemontesi che furono tra i primi pionieri  per lo sviluppo della coltivazione della canna da zucchero che risaliva all’inizio del novecento.  Proprio a Cairns ebbi il primo contatto con The Coral Reef (Barriera Corallina ) all’isolotto di Green Island  ad una sola ora di navigazione dalla terraferma.  Ma quanto splendore di colori! E si vedeva tutto senza  bisogno della maschera (snorkelling) per quanto limpida era l’acqua. Questa per me fu la prima  esperienza della Barriera Corallina. Sentivo frequentemente fischiettare <Walzing Matilda > Bush Ballad,  un motivo che uno ha sempre sulla bocca, lo desideravano come inno nazionale, dopo un po’ di tempo  questo ritornello aveva conquistato pure me. Il viaggio successivo fu lunghissimo , tredici ore, tutta una tirata da Cairns giù a Townsville per poi  incanalarci sulla Flinders Road per tutta la notte. La mattina ci fu una sosta, non posso dirvi molto  perché c’era poco o niente se non alte ciminiere; mi dicevano che la città era sotto terra! Infatti si  trattava di Mount Isa, chiamiamola una città sommersa nel deserto, dove si estraevano minerali.  Durante un altro percorso si vedevano all’orizzonte  < windmill > mulini al vento; continuavamo il lungo  viaggio con brevi soste  < stations > c’erano posti di ristoro per frugali <breakfast >. Ci si poteva anche  fare una doccia, volendo, ma gli ambienti non avevano porte, si doveva stare tutti nudi uomini e donne,  e Norman si tirò indietro; ma io dissi “meglio che niente” e mi ritrovai in mezzo a certi bidoni di grassoni  ... Il simpatico koala Eravamo nel < Northern Territory > a Tennant Creek, che si trova tra Darwin, a nord, e Alice Springs a  sud. Proseguimmo verso questa ultima meta, sulla Stuart Road che taglia l’Australia in due, senza sosta  fino ad Alice Springs. Guardavo a destra e a sinistra nell’immensità del deserto e mi domandavo quando  sarebbe spuntata almeno una collinetta almeno come punto di riferimento. Si vedevano tante carcasse  di vacche , cosa non insolita in tempo di grande siccità. Certamente i veri eroi su quei lunghi percorsi erano gli autisti, che guidavano anche per dodici ore prima  di darsi il cambio, silenziosi. Vi parlo del 1980 e tante strade non erano ancora asfaltate.   Arrivati ad Alice Spring, dopo tanti giorni di viaggio dissi a Norman che questa volta avrei preferito  andare in albergo per rimettermi un po’ in sesto! Norman che era più temprato di me ne fece a meno.  In questa cittadina < nell’outback >, cioè di terre remote isolate nel Northern Territoty, trovai un poco di civiltà. Alice Spring è molto carina con tante piante di eucalipto e con quella corteccia argentata così esotica,  circondata da un vasto deserto, grande quanto l'Europa, caratterizzato spesso da sabbia rossa; si  mostrava ai miei occhi come qualche cosa di veramente esclusivo! Ma quel fiume tracciato sulla mappa  era solo figurativo perché l’acqua non c’era mai!  RICORDI… COINCIDENZE… E TRISTEZZE … ALICE SPRING 1980  Il primo novembre nel mondo anglosassone si celebra la commemorazione dei caduti di guerra < The  poppy day > , cerimonie che avevo visto in precedenza presso il Comando Memorial a Fort William in  Scozia. Ora per pura combinazione mi trovavo ad assistere alle stesse commemorazioni, passando dalle  nebbie scozzesi al deserto dall’altra parte del mondo. Quanta solennità in quei soldati   schierati di  fronte a quel monumento: erano lì, tali e quali come li avevo visti al Ponticello di Caprile durante quella  fase della Guerra. Sotto a quel monumento dov’erano schierati c’era la dedica < THEIR NAME LEAVE  FOR EVER > ossia Il loro nome vivrà per sempre. Mi dicevo, amici o nemici erano andati a morire in  Europa! Vestivano le stesse uniformi, pantaloncini corti e calzettoni sotto il ginocchio e quel tipico  cappello a larghe falde, proprio come li ricordavo dal 7 di giugno del 1945 durante la battaglia di  Cassino. QUEL GIORNO   Il 7 giugno del 1945 era anche il mio onomastico.  Dopo il ritorno da su a monte con mio cugino Pasqualino Riccardi, mi accingevo a lasciarlo solo a Caprile  perché’ il fronte s’era finalmente aperto, gli alleati erano arrivati e io volevo scappare e ritornare in  famiglia a Napoli, capirete la mia ansietà. Salutai Pasqualino che rimase incredulo, mi chiese se ero  matto, dove andavo! Gli risposi che forse avrei impiegato meno di quattro giorni camminando sulla  Casilina e pernottando in qualche pagliaio. Quella mattina all’alba sentimmo due scoppi da sotto il livello  della strada, pensammo che ancora si stava combattendo nelle vicinanze. Partii, incosciente di cosa  andavo incontro, dovevo attraversare una scorciatoia! Trovai un soldato tedesco morto e pensai a quelle esplosioni avvertite all’alba. Dopo poco, sulla stessa maledetta scorciatoia c’erano i cadaveri di Angelo  Di Litta, un amicone e Romeo Ricci, carissimo amico di famiglia, ma io non li vidi, ma lo venni a sapere  mesi, dopo quando ricoverarono i loro corpi quasi irriconoscibili.  AVVICINAMENTO A NAPOLI  Arrivato al Ponticello di Caprile sulla Casilina, vidi un via vai di tanti mezzi militari, come  era come una  ondata, andavano tutti nella stessa direzione. Fu lì che vollero controllare il mio lasciapassare, capii che volevano mettermi su qualche camion che  andava a Sud. Avevano letto sul lasciapassare chi ero e che dovevo ritrovare la mia famiglia a Napoli.  Curiosamente quel lasciapassare mi era stato rilasciato dagli Inglesi accampati vicino all’ossario del  cimitero di Roccasecca il giorno prima quando con Pasqualino ritornavamo a Caprile dopo un  lunghissimo viaggio attraverso monti e colline da Arpino. Al Ponticello di Caprile fu un soldato  australiano, con i calzini arrotolati fino al ginocchio e i pantaloni corti, che mi fece salire su un camion  militare che andava a Napoli. Attraversammo una Cassino irriconoscibile: come era ridotta! Questo  australiano si preoccupava molto di me durante il viaggio, mi sembrava tanto sole dopo la tempesta. Gli  dissi di farmi scendere in qualsiasi posto di Napoli, ma lui insistette nel volermi accompagnare fino a  casa, da mia madre, al quarto piano del palazzo di Vico Fonseca. Come avrei mai potuto immaginare  tanta disponibilità da parte di uno sconosciuto? Quel tardo pomeriggio ci fu tantissima emozione, mia  madre piangeva per la contentezza e anche quel caro australiano aveva le lacrime agli occhi per la  commozione, aveva capito che aveva fatto una grande azione! Con grande rammarico non ci  scambiammo i rispettivi nomi. Se solo ci avessi pensato, quel mio eroe l’avrei ricercato per tutta  l’Australia tanti anni dopo! Quelli erano tempi di pochissime gentilezze, se avesse aspettato un’altra  oretta mio padre che ritornava dal lavoro, l’avrebbe festeggiato. Inoltre, mio padre parlava l’Inglese  perché’ l’aveva imparato da ragazzo a Glasgow, e sicuramente si sarebbero scambiate un po’ di parole.   Così con grande rammarico lui non ci contattò mai.  Allora di fronte a quel monumento ad Alice Spring rileggevo quella dedica < They live forever > loro  vivranno per sempre e con la mente tornavo indietro a tanti anni prima, e mi chiedevo chi era quel  soldato? E dove è andato a finire! Durante gli anni ho sempre invocato “che Dio benedica  quel soldato”. Ad Alice Spring noleggiai una decappottabile per scoprire tanti posti di interesse: gli accasamenti degli  aborigeni e le rare piante di palme del deserto e quant’altro. Dissi a Norman che avrei pagato tutto,  dopo tutto erano le mie spese per il mio business. Quando riconsegnai la decappottabile ci avviammo  verso sud sui Bus dell’Anset Company.   C’erano pochissime strade asfaltate e quando si vedeva all’orizzonte una nuvola di povere sembrava un  tornado che si avvicinava, ma si trattava dei < road trains > cioè treni della strada con rimorchio; a quel  punto bisognava fermarsi ed aspettare fino a che la polvere si diradava prima di continuare. Avrei tanto  voluto sedere a fianco di quegli autisti con una veduta dominante del deserto. Trasportavano bestiame  destinato a Port Adelaide da dove lo imbarcavano per i paesi Arabi e chissà quante bestie morivano  durante quel percorso di almeno venti ore prima che arrivassero a Port Adelaide; io dico che c’era un po’  di crudeltà di quel business! Gli arabi, per ragione della loro religione volevano che gli animali venissero  consegnati vivi. Poi potete immaginare il resto del viaggio e attraversare l’Oceano Indiano per la  destinazione finale.  Aborigeno Non era auspicabile fermarsi con quel caldo lungo quelle strade, perché le mosche ci prendevano  d’assalto; avevo comprato un cappellaccio con dei sugheri di bottiglia allacciati per ostacolare queste  mosche, ma non serviva a nulla e se a camicia era sudata ci si attaccavano in massa! Si vedevano tante carcasse e scheletri di mucche ai lati delle strade. Da Alice Spring dopo tante ore si comincia a  intravedere la famosa montagna < AYERS  ROCK > il posto più ricercato dai turisti in Australi).   Per gli aborigeni è un luogo sacro da rispettare. Il valore fotografico sta nel catturare il tramonto quando  i colori si intensificano gradualmente.   Il giorno dopo con una escursione a pochi chilometri per Mt. Olga vedemmo delle  belle montagnole che  sembravano fatte apposta per essere fotografate. In quest’ultima gita facemmo un barbecue con fette di bianco, salsicce e grosse bistecche che uscivano fuori l’orlo del piatto;  c’era qualche Dingo - cane del  deserto - che annusava nei dintorni… Mi ricordo bene che in quei giorni c’era tanta commozione sui giornali perché proprio vicino ad Ayers  Rock, poco prima, era avvenuta la sparizione di Azaria, una bambina in tenera età, sparita nel nulla  mentre era in campeggio con i suoi genitori. Si pensava che qualche dingo l’avesse trascinata tra gli  <Spinflex> cespugli spinosi del deserto. Questa storia della famiglia Chamberlain non fu mai risolta.   Fu in quelle zone che Norman un giorno mi diete uno spintone e disse “ma che se cieco?” mentre stavo  per passare sopra ad un serpente. Si dice che lì siano tutti pericolosi. Quella sera Norman mi comunicò  che aveva deciso di prendere l’autobus che andava a Sud per andare a vedere The Melbourne Cup, una  classica corsa di cavalli. Io pensai, che fosse rimasto a corto di dollari ma non fu così perché ci  rivedemmo ancora ad Adelaide e a Perth.  Ritornai sulla Stuart Road, questa volta con l’autobus per un altro lungo viaggio che mi portò a Coober  Pedy, chiamata “la capitale dell’opale”. Ve la descrivo come quel famoso quadro della rinascita dei morti, perché c’erano tanti buchi nel deserto,  e chi entrava e chi usciva, perché lì la vita è prevalentemente “sotterranea” .Vivevano nel sottosuolo e  lavoravano nelle miniere. Anche la chiesetta era sotto terra; ma sentivo tanto sconforto anche lì sotto!  Allora scappai! Volevo andare in un posto più aperto, sai quanto mene importava dell’opale!  Il giorno dopo arrivai finalmente ad Adelaide dopo un viaggio di quindici ore. Finalmente avevo lasciato  l’inferno dietro e mi ritrovai nel verde di una città tanto serena, adagiata alle foci del fiume Torrens. Le  gite turistiche erano tutte per <Barossa Valley> dove ci sono le famose < Winery,> produzioni di vini  bianchi e rossi, la specialità di Barossa Valley. Erano così generosi negli assaggi che alla fine non  ricordavo più l’Inglese!  Kodak Beach Cari amici lettori dell’ECO, spero che questa prima tappa australiana abbia suscitato  qualche interesse da parte vostra, perché’ sono ansioso di ricollegarmi con i miei  aficionados che mi seguono.  Scrivo anche per me stesso perché < la lingua batte dove il dente duole > … per me è vita  vissuta.   Sebbene abbia fatto altri viaggi in Australia, quanto ho scritto l’ho voluto descrivere così  come era nel 1980, con quei sentimenti e le stesse esperienze. Ora so quante nuove strade  e quanti aeroporti e quanto sviluppo del turismo s’è sviluppato in Australia.   Fortunato è chi può girarla con lusso! Però io l’ho attraversata solo con i autobus, ma mi  sento orgoglioso di quella esperienza. Terra a terra!   La prossima puntata sarà del West Australia     Buona notte.  Ah, domani venticinque gennaio compirò 83 anni!  Alla prossima puntata  Roberto Matassa  Da Winchester, England, per l’Eco di Roccasecca