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Tradizioni roccaseccane
Un reportage illustrato del nostro
fotoreporter Franco Nardi
FUOCHI DI SAN TOMMASO
I fuochi – in dialetto “favoni” - si accendono almeno tre volte in un anno: alla Festa
dell’Annunziata, a San Pietro Martire e in occasione della Festa di San Tommaso. Non
ricordo bene se ci sono altri eventi festeggiati in questo modo.
Quella più partecipata e senza dubbio l’accensione in onore di S. Tommaso.
La festa di San Tommaso è stata proclamata dalla chiesa il 28 febbraio ma a Roccasecca è
il 7 marzo.
I ragazzi non vanno a scuola (è il nostro 2 giugno).
In questo giorno ci si reca a piedi nei ruderi del castello dei conti di Aquino e, dopo aver
comprato le ciambelle cotte a vapore nella piazza del castello, si mangia pane e frittata e
pane e salsiccia fresca appena essiccata (il maiale si fa a fine gennaio, metà febbraio).
Quando ero piccolo compravo anche la ”Nzerda di castagne” (collana di castagne essiccate)
ma da anni ormai non le vedo più in vendita sulla “piazza longa”; così come non mi è più
capitato di trovare quei bei canestri fatti in vimini del fiume Melfa, specialità della frazione
“Canistrari” ora inglobata nello scalo.
La sera precedente alla festa si accendono i fuochi in onore del Santo.
Non si sa quando sia nata questa tradizione ma è legata alla passeggiata del busto ligneo
di S. Tommaso (anno 1600).
La statua viene portata in processione dalla chiesa della Collegiata (frazione Castello) alla
chiesa di San Tommaso, dove si celebra la cerimonia della “Luce” e viene acceso il primo
fuoco. I Roccaseccani, con lo sguardo rivolto all’insù, quando cominciano a vedere le
fiamme accendono a loro volta i propri falò.
Si urla “Evviva Sand Tummaseee” per tre volte ed i ragazzi saltano sulle fiamme.
Anticamente gli anziani raccontavano le storie e le leggende legate alle tradizioni locali fino
a tarda sera e nelle contrade più popolose si banchettava con pane cotto sulla brace
abbondantemente irrorato con olio extra vergine. Questa cerimonia era anche occasione di
pacificazione che avveniva attraverso la mediazione di un “sensale”. Data l’essenzialità
della vita contadina ogni persona e famiglia portava un pezzo di legna e del pane raffermo.
Zia Maria coordina da par suo i preparativi per l’arrivo della statua allo Scalo
Il fuoco doveva ardere fino in fondo e consumarsi lentamente. Il pezzo più grande veniva
conservato ed in caso di grandine veniva gettato in mezzo al seminato.
Il castello di legna non doveva essere sorretto da ferri, il fuoco più grosso era indice di
potenza della contrada.
Questa sera sono venuto a conoscenza di una storia risalente al 1800 circa…..
I ragazzi del centro non volevano che quelli delle campagne (allora comprendenti l’attuale
Scalo) salissero in paese, che era unito da una piccola strada sterrata, per “difendere le
loro ragazze. Al loro apparire cominciava una pioggia di sassate. Il giorno di San Tommaso
però era loro “concesso” di partecipare alla festa e quindi di andare liberamente in paese.
Se si andava a cavallo o carrozzella la sassaiola non veniva messa in atto. Per questo
motivo molti ragazzini il mercoledì offrivano collaborazione ai mercanti pur di entrare in
paese senza problemi.
Dai miei zii mi risulta che la storia delle sassate “agli invasori” ci sia stata fino al primo
dopoguerra. Poi è stata fatta la strada con il terrazzamento del centro storico e quindi
questa “barbarie” è venuta meno. I miei zii e coetanei venivano presi a sassate anche
quando andavano a scuola, edificata durante il ventennio.
Quest'anno la statua del Santo è stata esposta, per la prima volta e per un solo giorno,
anche nelle altre parrocchie di Roccasecca; alcune delle foto qui presentate si riferiscono
all’arrivo alla parrocchia dello Scalo.
Per l’Eco di Roccasecca il fotoreporter Franco Nardi (e figlia)