L’Eco di Roccasecca
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Anno 17 n. 83                                               Aprile 2012
Anno 17 n. 83                                               Aprile 2012
In giro per l’Italia con gli inviati dell’Eco G U B B I O Continua la nuova rubrica basata su appunti di viaggio presi qua e là lungo la bella Italia. Vi ricordiamo che  scriviamo sull’Eco di Roccasecca, pertanto nessuna cartolina illustrata, nessun racconto puntuale su  monumenti e posti ben noti a tutti, in questa sede troverete informazioni particolari, fotografie curiose, racconti  bizzarri e così via.  Un fine settimana all’inizio di ottobre 2011 ci porta nell’incantevole cittadina medioevale di Gubbio. Non c’è un treno diretto da Roma, quindi si scende nella piccola stazione di Fossato di Vico e si prosegue con  un autobus fino a Gubbio. Quando parliamo di città medioevale intendiamo un centro che se si togliessero le automobili, peraltro scarse,  le antenne TV e qualche altro particolare tipico dei nostri tempi, si potrebbe pensare di essere stati trasportati  da qualche mirabolante macchina del tempo indietro di parecchi secoli. Vicoli e vicoletti, spesso a gradini, portoni in legno massiccio, archi, archetti, lanterne, case a mattoni, tutte  rigorosamente con i tetti a tegole; nessuna concessione, nell’intonaco, a colori pastello o al di fuori delle varie  tonalità di grigio e marrone. A dirla tutta, quando siamo arrivati nella piccola città umbra, notando un certo movimento intorno ad alcuni  luoghi topici, con grande dispiego di cavi, telecamere, blocchi del traffico e inviti stentorei al “silenzio”, non  abbiamo pensato neanche per un momento di assistere alle scene di qualche sceneggiato televisivo  ambientato in epoca medioevale, tanto erano evidenti i richiami a “DON MATTEO 8” anche sulle macchine  della troupe! Eh sì, perché l’ex cowboy svelto di mano che negli anni ’70 era chiamato “Trinità”, in età adulta ha  messo la testa a posto, è divenuto sacerdote e si occupa di un altro tipo di Trinità, pur non disdegnando  indagini poliziesche.   Capitare a Gubbio durante le riprese dell’ultima serie è stata un’esperienza inusuale. Gli abitanti sono ormai  assuefatti a qualcosa che ha portato ulteriore notorietà alla cittadina, con qualche fastidio quando le riprese  bloccano di fatto, per alcune ore, alcune strade e luoghi di passaggio. Il giornalaio di Piazza Quaranta Martiri è  ormai abituato alla presenza di Terence Hill (Mario Girotti) che ogni giorno di buon mattino esce dall’albergo e  passa a comprare il giornale, scambiando poche parole, senza particolari atteggiamenti da divo. Piazza Grande ( detta anche Piazza della Signoria ) e il Palazzo dei Consoli Per andare a visitare la Chiesa di Sant’Ubaldo, che domina la città dalla soprastante collina, ci sono due  opzioni: una bella camminata di circa due chilometri in salita, oppure utilizzare una funivia, dalla quale si  osserva, man mano che si sale, un panorama eccezionale. Se riuscite a tenere gli occhi aperti, naturalmente.  Eh sì, perché più che di una funivia, si può parlare di ovovia scoperta, dove a malapena possono stare due  persone, romanticamente abbracciate, che sale piano piano ed a un certo momento si ferma, per consentire di  ammirare meglio il panorama e di scattare qualche foto (sempre che il cuore regga, perché ovviamente  nessuno avvisa che la funivia si fermerà e chi non lo sa può anche provare un certo timore, immobile nell’aere  eugubino …). Posso dimostrare tutto il mio coraggio inserendo una delle tante foto scattate mentre eravamo  fermi e oscillanti … ma la realtà è stata un po’ diversa a livello emotivo … Gubbio dalla funivia Tra le vie di Gubbio, accanto a negozi caratteristici che vendono ricordi di ogni genere e succulente  prelibatezze alimentari, ci si imbatte ogni tanto in targhe particolarmente curiose. Tra queste segnaliamo  l’Università dei Calzolari, il cui statuto venne approvato dal Consiglio Comunale il 29 agosto 1341. Via Savelli della Porta Passando a tutt’altro argomento, nei giardini pubblici della già citata Piazza dei Quaranta Martiri abbiamo  osservato una targa particolarmente toccante, nella quale prima della dedica c’è una citazione di Platone ed in  fondo un verso di Fabrizio De André: Solo i morti conoscono la fine della guerra (Platone V-IV SECOLO A.C.) IL 31 LUGLIO 1944 ALLE 12.30 NEL DISINNESCARE UNA BOMBA D’AEREO INGLESE  COSIMO ANTONIO DE PALMA 22 ANNI  GUSTAVO INGROSSO 27 ANNI  RODOLFO TURRISI 23 ANNI  VIDERO SPAZZATI VIA I LORO SOGNI    Chi diede la vita ed ebbe in cambio una croce (DE ANDRE’, XX SECOLO D.C.)  Piazza dei Quaranta Martiri Palazzo del Capitano del Popolo E veniamo all’esperienza più speciale di questa gita eugubina. Passeggiando verso Piazza Giordano Bruno, ci  troviamo di fronte un palazzo dall’andamento leggermente curvilineo, come seguisse la curva della strada che  lo circonda, Via Capitano del Popolo. Solido nella struttura, presenta sotto le finestre ogivali degli scudi con vari stemmi. Si tratta del “Palazzo (o Casa) del Capitano del Popolo”. L’elegante e severo edificio fu eretto verso la  metà del Duecento ed è una delle prime costruzioni pubbliche della città. Secondo la tradizione era la  residenza del Capitano del Popolo, carica che spettava al rappresentante e difensore di tutti i lavoratori ed  artigiani iscritti alle corporazioni. In anni successivi la carica in oggetto fu rimossa ed il Palazzo cambiò  destinazione e proprietari, tra i quali, nel XIX secolo, i Conti Gabrielli. Molto frammentarie sono le notizie  relative al secolo scorso, ma di questo daremo precisazione in seguito. Giunti davanti al Palazzo, vediamo una porta aperta, alcune indicazioni su un gazebo che facevano riferimento  ad un “Museo della tortura”, accanto, una sedia vuota. Proviamo a bussare, insieme ad una coppia di tedeschi,  ed una simpatica vecchina ci accoglie, spiegandoci che la visita è possibile, lasciando un’offerta accanto all’  armatura di un armigero. Saliamo una rampa di scale e ci troviamo in un ampio salone pieno di reperti storici. Va specificato che di fronte all’entrata di detto salone, sul pianerottolo, c’è la porta di ingresso di quella che  sembra (ed è) una casa privata, con tanto di zerbino ed ombrello appoggiato allo stipite. Non riusciamo a  capire come possano coesistere un Museo, presumibilmente comunale, anche se all’accoglienza la persona  non sembrava esattamente una impiegata in attività, e un’abitazione privata. Non ci poniamo altre domande ed entriamo. Da questo momento, cari lettori dell’Eco, il racconto diventa  prevalentemente fotografico, con poche didascalie, talmente evidenti sono i contenuti, per tornare ai commenti  a fine visita. Vari tipi di “Gogna” E veniamo ad uno strumento meno cruento di altri, che serviva per punire le “pettegole”, condannate ad andare in giro con la testa e le mani infilate nei fori di una gogna “mobile”. Gogna “mobile                                                  Schiaccia testa Spremi seni                                                    Mazzaferrata Cintura di castità Prima di proseguire, vi dobbiamo un avvertimento. Le foto scattate finora rappresentano degli oggetti terribili ed inquietanti, accompagnati da tavole illustrate esplicative sull’uso degli stessi, in un ambiente sufficientemente  ben tenuto. Ebbene, dopo un primo “giro”, cominciamo ad osservare particolari un po’ strani. Infatti, accanto alle armi di  tortura, fanno capolino degli oggetti della nostra epoca, talvolta disposti in modo tale da trasformare l’atmosfera cupa e sanguinaria in qualcosa di ilare e divertente. Quindi, andiamo avanti. Tra un tavolo di tortura ed una sedia medioevale, spuntano dei “panni” appesi collocati su due aste sorrette da  un televisore in disuso!! Dovrebbe essere un tavolo da tortura con ruota e corde per qualche spiacevole “tirata” di arti … ma qua lo si  vede pronto per essere imbandito, con tutti i condimenti sistemati alla bisogna (sale, olio, aceto, spezie, vino,  frutta, etc.). Un connubio punitivo-alimentare particolarmente stravagante … Accanto ad una grossa mannaia pronta sul ceppo, in una nicchia del muro fanno capolino una teiera con tazze  gialle ornate come faccette sorridenti!!! Sopra una sedia con cinghie ed aculei fanno bella mostra una palla ed un berretto … nonché la plastica  imbottita da imballo, come se fosse stata appena “sballata” per essere esposta! Le fotografie presentate sono solo una parte del nostro reportage completo, ma riteniamo che siano sufficienti. Terminata la visita del Museo, scendiamo le scale e siamo invitati dalla signora che ci aveva accolto  all’ingresso in una sala molto grande con un bel camino acceso davanti ad un anziano signore che ci saluta  appena. Sullo sfondo una ghigliottina ci conferma che siamo proprio nel Museo della Tortura! La ghigliottina La signora ci espone con estrema semplicità la verità su questo palazzo del capitano del Popolo, divenuto in  larga parte un Museo privato. Avete capito bene, privato! Infatti nei primi anni 70 il Palazzo fu acquistato dal  marito della signora ed utilizzato come privata abitazione per molti anni.   Quando i due coniugi si sono ritirati in pensione, hanno pensato di aprire un museo e si sono procurati tutti gli  oggetti che abbiamo ammirato. Nessun tipo di convenzione o di contributo è venuto da parte del Comune o da  altri enti dei Beni Culturali. Il marito della signora è ultranovantenne ed anche la signora ha superato gli “80” da un po’, le forze sono quelle che sono ed ecco spiegato il modo così “eccentrico” di gestire un museo che potrebbe essere molto più  professionale. Ascoltiamo queste informazioni sufficientemente sbigottiti, veniamo a sapere, inoltre, che la sala  col grande camino è utilizzata spesso per banchetti e rinfreschi di matrimoni e prime Comunioni, insomma un  pezzo di storia utilizzato alla buona da due anziani privati cittadini.  Tornati a Roma abbiamo cercato su internet notizie e testimonianze su questo bizzarro museo, ma non  troviamo assolutamente nulla. Le ultime informazioni sul Palazzo sono quelle che riferiscono che nel 1800 circa  i Conti Gabrielli lo vendettero ai privati. Niente di più. Pensiamo quindi che, ad oggi, il reportage dell’Eco sia il  primo in assoluto. Il teatro romano Dopo una passeggiata al teatro romano la gita nella bella Gubbio si chiude proprio nel momento in cui il tempo  cambia decisamente verso il peggio, ed il freddo arriva mentre sediamo sotto i portici in attesa del pullman che  ci porterà alla stazione ferroviaria. E’ tutto, ci vediamo alla prossima puntata! Miria e Riccardo