L’Eco di Roccasecca
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Anno 17, n. 84		                                            Agosto 2012 Anno 17, n. 84		                                            Agosto 2012
Un ricordo di Nereo Rocco, il Paron DAME EL TEMPO Alle 11,47 del 20 febbraio del 1979 mentre era sul letto di morte, un attimo prima di  spirare, rivolto al figlio Tito che gli era accanto chiede : “dame el tempo”. Era la richiesta  che Nereo Rocco faceva al suo secondo in panchina ogni domenica durante le partite della  squadra che allenava. Da marino Bergamasco a Cesare Maldini.  Il 20 maggio Rocco  avrebbe compiuto cento anni, nato a Trieste nel 1912 quello che era e resta il “Paron” ha  lasciato un’impronta indelebile nel calcio italiano e non solo. Più di tanti altri allenatori che  magari hanno vinto anche più di lui o che sono stati reputati più “tecnici” o più alla moda  del tempo e che spesso dopo pochi anni di inattività finiscono nel dimenticatoio.   Il Paron a tavola, davanti all’immancabile bottiglia di “rosso”, parte integrante del suo stile di vita. (foto sul web, da “L’Unità”) Il ricordo del Paron invece sembra accrescersi con il passare del tempo. Nel ricordo di chi  l’ha conosciuto, nella memoria di tifosi e sportivi non più giovani, nei tanti libri e  pubblicazioni che negli anni continuano a raccontarne le gesta. Insomma, Nereo Rocco  non è stato un personaggio come gli altri. Quello che lo ha contraddistinto, a detta di tutti  coloro che hanno avuto a che fare con lui, è stato la straordinaria umanità che  trasmetteva in maniera assolutamente spontanea. A Trieste gli hanno intitolato uno  stadio, a Milanello in fondo al vialetto che porta verso il campo rialzato hanno eretto la  sua statua, in vita gli conferirono il titolo di Cavaliere della Repubblica, di premi sia in vita  che dopo morte ne ha ricevuti a dozzine. Con il Milan ha vinto: 2 scudetti (1961-62 e  1967-68), 2 Coppe dei Campioni (1963 e 1969), 2 Coppe delle Coppe (1967-68 e 1972-  73), 4 Coppe Italia (1966-67, 1971-72, 1972-73, 1976-77), 1 Coppa Intercontinentale  (1969). Record di presenze con il Milan, 459, di cui 323 come allenatore e 136 come  direttore tecnico. Ha detenuto il record delle presenze in panchina in serie A, 787,  superato solo da Carlo Mazzone arrivato a 795 molti anni dopo. Eppure i ricordi più vividi  che restano di lui parlando con calciatori, allenatori, giornalisti, addetti ai lavori, non sono  legati ai suoi tanti successi. Di Nereo Rocco resta in ognuno soprattutto la sua  personalità, il suo tratto da finto burbero, la sua ironia graffiante, i suoi modi spicci, il  tutto pervaso però da uno spessore umano straordinario. Le sue battute hanno fatto  epoca e hanno assunto nel tempo il valore di citazioni classiche.   Sono così tante le espressione icastiche con le quali fotografava i momenti della sua  giornata, nella buona e nella cattiva sorte, che è difficile farne una selezione.  Però è proprio attraverso quelle battute che si riesce a penetrare nell’animo più profondo  del personaggio Rocco. Era quello il suo modo per stemperare tensioni, fare gruppo,  trasmettere ai giocatori sicurezza, calma, tranquillità, carica, determinazione.  Probabilmente il Paron avrebbe molto da insegnare anche ai tanti esperti di  comunicazione che oggi pullulano un po’ dappertutto.   “Tuto quell che se movi su l’erba, daghe. Se xe la bala, pasiensa”. Questa era l’ultimo  suggerimento del paron ai suoi calciatori al tempo del Padova, la squadra che diventò la  provinciale di successo per eccellenza. A Padova tuttora Nereo Rocco è un mito. Lo stadio  Appiani, lasciato in tempi moderno per l’anonimo Euganeo, e la trattoria Cavalca ( ora ha  cambiato nome ma è sempre negli stessi locali e ospita foto e ricordi del Paron ) sono i  luoghi dove sembra che lo spirito di Rocco sia ancora vivo. Blason, Azzini, Scagnellato,  Rosa, Hamrin, Brighenti, sono i nomi più celebri della squadra che sotto la guida di Nereo  arrivò a conquistare il terzo posto in serie A. Da quel Padova a Rocco fu appiccicata  l’etichetta di difensivista. Lui ci sorrideva su e di solito replicava così : “Solo noi femo el  catenaccio, i altri fa calcio prudente”. In realtà quando Rocco ebbe a disposizione un  organico più ricco dimostrò di non essere affatto votato solo alla difesa. Nel Milan  schierava insieme Mora. Altafini e Barison, oppure Chiarugi, Rivera, Prati, nel Torino  Moschino, Meroni, Combin e Simoni. Con lui Hamrin diventò uno dei più grandi cannonieri  dell’epoca realizzando 190 gol in serie A.  Maestro nello stemperare le tensioni il Paron in tutte le sue squadre creava un gruppo  solido e unito come una famiglia.   Lezione di tattica al Milan : “Domenica giochemo così : Cudicini in porta e tutti gli altri  fuori..”  Rocco sulle figurine Panini A Liedholm : “Quel mona di Liedholm, con lui me toca sempre parla’ italiano”.   Wembley 1963, finale di Coppa dei Campioni in pullman verso lo stadio : “Chi no xe omo  resti a sedere sul pullman” e lui si lascia cadere sul sedile.   Ancora lezione di tattica al Padova: “Scopo del zogo, ostrega, xè del meter il balon dentro  la porta”. Episodio esilarante : finale di Coppa dei Campioni con l’Ajax, In campo Cruijff fa impazzire  Anquilletti e Malatrasi si sgola dal terreno di gioco chiedendo a Rocco di cambiare la  marcatura. “Signor Rocco, cambi, cambi..” E lui rivolto al dottor Monti in panchina “Cossa  xè ch’el vol ?” e Monti gli spiega che Malatrasi vorrebbe cambiare la marcatura su Crujiff.  Rocco : “Dighe che s’el cambiassi le mudande”. Esilarante.   Un teatro continuo. Ma quasi mai a caso. Impossibile pensare a Rocco nell’isterico mondo  del calcio di oggi. Probabilmente a chi gli chiederebbe oggi di allenare risponderebbe  come fece a Fellini che lo voleva come attore in Amarcord : “Non fa per me”.   Ferdinando