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Un ricordo di Nereo Rocco, il Paron
DAME EL TEMPO
Alle 11,47 del 20 febbraio del 1979 mentre era sul letto di morte, un attimo prima di
spirare, rivolto al figlio Tito che gli era accanto chiede : “dame el tempo”. Era la richiesta
che Nereo Rocco faceva al suo secondo in panchina ogni domenica durante le partite della
squadra che allenava. Da marino Bergamasco a Cesare Maldini. Il 20 maggio Rocco
avrebbe compiuto cento anni, nato a Trieste nel 1912 quello che era e resta il “Paron” ha
lasciato un’impronta indelebile nel calcio italiano e non solo. Più di tanti altri allenatori che
magari hanno vinto anche più di lui o che sono stati reputati più “tecnici” o più alla moda
del tempo e che spesso dopo pochi anni di inattività finiscono nel dimenticatoio.
Il Paron a tavola, davanti all’immancabile bottiglia di “rosso”,
parte integrante del suo stile di vita.
(foto sul web, da “L’Unità”)
Il ricordo del Paron invece sembra accrescersi con il passare del tempo. Nel ricordo di chi
l’ha conosciuto, nella memoria di tifosi e sportivi non più giovani, nei tanti libri e
pubblicazioni che negli anni continuano a raccontarne le gesta. Insomma, Nereo Rocco
non è stato un personaggio come gli altri. Quello che lo ha contraddistinto, a detta di tutti
coloro che hanno avuto a che fare con lui, è stato la straordinaria umanità che
trasmetteva in maniera assolutamente spontanea. A Trieste gli hanno intitolato uno
stadio, a Milanello in fondo al vialetto che porta verso il campo rialzato hanno eretto la
sua statua, in vita gli conferirono il titolo di Cavaliere della Repubblica, di premi sia in vita
che dopo morte ne ha ricevuti a dozzine. Con il Milan ha vinto: 2 scudetti (1961-62 e
1967-68), 2 Coppe dei Campioni (1963 e 1969), 2 Coppe delle Coppe (1967-68 e 1972-
73), 4 Coppe Italia (1966-67, 1971-72, 1972-73, 1976-77), 1 Coppa Intercontinentale
(1969). Record di presenze con il Milan, 459, di cui 323 come allenatore e 136 come
direttore tecnico. Ha detenuto il record delle presenze in panchina in serie A, 787,
superato solo da Carlo Mazzone arrivato a 795 molti anni dopo. Eppure i ricordi più vividi
che restano di lui parlando con calciatori, allenatori, giornalisti, addetti ai lavori, non sono
legati ai suoi tanti successi. Di Nereo Rocco resta in ognuno soprattutto la sua
personalità, il suo tratto da finto burbero, la sua ironia graffiante, i suoi modi spicci, il
tutto pervaso però da uno spessore umano straordinario. Le sue battute hanno fatto
epoca e hanno assunto nel tempo il valore di citazioni classiche.
Sono così tante le espressione icastiche con le quali fotografava i momenti della sua
giornata, nella buona e nella cattiva sorte, che è difficile farne una selezione.
Però è proprio attraverso quelle battute che si riesce a penetrare nell’animo più profondo
del personaggio Rocco. Era quello il suo modo per stemperare tensioni, fare gruppo,
trasmettere ai giocatori sicurezza, calma, tranquillità, carica, determinazione.
Probabilmente il Paron avrebbe molto da insegnare anche ai tanti esperti di
comunicazione che oggi pullulano un po’ dappertutto.
“Tuto quell che se movi su l’erba, daghe. Se xe la bala, pasiensa”. Questa era l’ultimo
suggerimento del paron ai suoi calciatori al tempo del Padova, la squadra che diventò la
provinciale di successo per eccellenza. A Padova tuttora Nereo Rocco è un mito. Lo stadio
Appiani, lasciato in tempi moderno per l’anonimo Euganeo, e la trattoria Cavalca ( ora ha
cambiato nome ma è sempre negli stessi locali e ospita foto e ricordi del Paron ) sono i
luoghi dove sembra che lo spirito di Rocco sia ancora vivo. Blason, Azzini, Scagnellato,
Rosa, Hamrin, Brighenti, sono i nomi più celebri della squadra che sotto la guida di Nereo
arrivò a conquistare il terzo posto in serie A. Da quel Padova a Rocco fu appiccicata
l’etichetta di difensivista. Lui ci sorrideva su e di solito replicava così : “Solo noi femo el
catenaccio, i altri fa calcio prudente”. In realtà quando Rocco ebbe a disposizione un
organico più ricco dimostrò di non essere affatto votato solo alla difesa. Nel Milan
schierava insieme Mora. Altafini e Barison, oppure Chiarugi, Rivera, Prati, nel Torino
Moschino, Meroni, Combin e Simoni. Con lui Hamrin diventò uno dei più grandi cannonieri
dell’epoca realizzando 190 gol in serie A.
Maestro nello stemperare le tensioni il Paron in tutte le sue squadre creava un gruppo
solido e unito come una famiglia.
Lezione di tattica al Milan : “Domenica giochemo così : Cudicini in porta e tutti gli altri
fuori..”
Rocco sulle figurine Panini
A Liedholm : “Quel mona di Liedholm, con lui me toca sempre parla’ italiano”.
Wembley 1963, finale di Coppa dei Campioni in pullman verso lo stadio : “Chi no xe omo
resti a sedere sul pullman” e lui si lascia cadere sul sedile.
Ancora lezione di tattica al Padova: “Scopo del zogo, ostrega, xè del meter il balon dentro
la porta”.
Episodio esilarante : finale di Coppa dei Campioni con l’Ajax, In campo Cruijff fa impazzire
Anquilletti e Malatrasi si sgola dal terreno di gioco chiedendo a Rocco di cambiare la
marcatura. “Signor Rocco, cambi, cambi..” E lui rivolto al dottor Monti in panchina “Cossa
xè ch’el vol ?” e Monti gli spiega che Malatrasi vorrebbe cambiare la marcatura su Crujiff.
Rocco : “Dighe che s’el cambiassi le mudande”. Esilarante.
Un teatro continuo. Ma quasi mai a caso. Impossibile pensare a Rocco nell’isterico mondo
del calcio di oggi. Probabilmente a chi gli chiederebbe oggi di allenare risponderebbe
come fece a Fellini che lo voleva come attore in Amarcord : “Non fa per me”.
Ferdinando