Quando una bicicletta e il silenzioso sacrificio di un campione non valgono il Tour de France o il Campionato del Mondo ma la salvezza di tante vite. E’ la storia semisconosciuta di Gino Bartali e del suo eroico impegno che permise a tanti ebrei di scampare ai campi di concentramento e a morte sicura. Una vicenda verificatasi durante la seconda guerra mondiale rimasta a lungo nascosta perché lo stesso Bartali mantenne il più stretto riserbo su quei fatti. “Il bene si fa ma non si dice”, questo il principio di vita del Campione toscano che egli ripeteva continuamente in famiglia. "A me lo raccontò molto tardi. Non voleva che si sapesse per evitare speculazioni. Voleva essere ricordato per le sue imprese sportive e mi diceva: "non sono un eroe di guerra. In fondo facevo quello che sapevo fare: andare in bicicletta". Così il figlio Andrea ha spiegato come il padre avesse mantenuto anche in famiglia il silenzio assoluto su quegli strani allenamenti che durante il periodo bellico lo portavano spesso da Firenze in Umbria e, a volte, a Genova e anche più lontano. Sono circa 800 gli ebrei salvati dalle persecuzioni da Gino Bartali durante la seconda guerra mondiale. Fingendo di doversi allenare tra il ’43 e il ’44 percorreva migliaia di chilometri in sella alla sua bicicletta nascondendo carte e documenti. Da Firenze ad Assisi, sotto i bombardamenti, rischiando ogni volta la vita, il Campione raggiungeva una stamperia clandestina per dare nuove identità a famiglie ebree e permettere così loro di poter sfuggire a tedeschi e repubblichini.Una storia straordinaria rimasta volutamente celata. Una ritrosia e una discrezione per evitare che si confondesse una vicenda a suo dire “normale” con una impresa sportiva. Le imprese “non sportive” di Gino Bartali sono diventate veramente di pubblico dominio solo di recente quando, a distanza di settant’anni dai fatti, il suo nome è stato insignito del titolo di “Giusto fra le Nazioni” nel sacrario alla Memoria di Gerusalemme. Un riconoscimento riservato a coloro che durante la seconda guerra mondiale si sono adoperati per salvare gli ebrei dalle persecuzioni naziste. E’ pur vero che già nel 2006 il presidente della Repubblica Azeglio Ciampi aveva voluto attribuire la Medaglia d’oro a Bartali per la sua attività clandestina a favore degli ebrei oppressi dai nazisti negli anni fra il 1943 e il 1945. Ma la storia era venuta fuori in maniera sommersa, a brandelli, annodata a fatica fra i ricordi e le memorie di alcuni dei personaggi che ne avevano avuto parte. Tutto nasce nel 1943 quando, per iniziativa del rabbino di Firenze dell’epoca Nathan Cassuto e il cardinale fiorentino Angelo Elia Dalla Costa, fu messa in piedi una rete ebraico- cristiana finalizzata a salvare dalle deportazioni dei nazisti il maggior numero possibile di ebrei. I documenti falsi necessari per permettere agli ebrei di sfuggire ai controlli e ai rastrellamenti dei tedeschi erano stampati ad Assisi, ovviamente di nascosto, in un convento dei frati. Serviva chi potesse garantire i collegamenti fra Firenze ed Assisi e che si incaricasse di trasportare i documenti stessi a destinazione. Il cardinale Dalla Costa era amico di Gino Bartali, fervente cattolico e notoriamente uomo di grande generosità. Dalla Costa convocò il campione in tutta segretezza e gli chiese di diventare il corriere di quel traffico clandestino e pericolosissimo. Si trattava di nascondere i documenti nei “canotti” della bicicletta per sfuggire ai continui controlli che i tedeschi operavano sulle strade. La fama di Gino Bartali anche presso i tedeschi lo rendeva il più adatto a svolgere un compito così rischioso e delicato. Bartali non ci pensò due volte per accettare la proposta del cardinale Dalla Costa e iniziò ad orientare i suoi allenamenti “speciali” sulla direttrice Firenze – Assisi. Sosta obbligata alla stazione di Terontola dove Bartali aveva un punto di riferimento in un suo tifoso che si curava di fornirgli un rifornimento a base di pane e prosciutto. Gino nascondeva la sua attività anche alla moglie Adriana per evitare che la stessa corresse rischi. Quando lei lo vedeva uscire in bici alle prime luci dell’alba e gli chiedeva dove fosse diretto, il Campione rispondeva invariabilmente : vado a fare un “lungo”. In gergo un allenamento su una lunga distanza. A volte Bartali era costretto anche a pernottare lungo il tragitto, cercando ospitalità come poteva sempre confidando sulla sua grande popolarità. Bartali se la vide brutta diverse volte quando veniva fermato da pattuglie tedesche lungo la strada. Fu anche arrestato nel luglio del 1944 dal terribile gerarca fascista Carità e rinchiuso nel luogo di tortura noto come Villa Triste. Fu sottoposto a pesanti interrogatori : Carità insospettito dai suoi continui viaggi voleva sapere cosa stesse facendo Bartali. Ben pochi potevano sperare di salvarsi da Carità. Sua moglie Adriana, incinta e con un figlio piccolo, si consumò per tre giorni nell’angoscia. Dopo il primo interrogatorio Bartali viene spedito in cella dove passa due giorni nella semioscurità a macerarsi nel terrore, tra le urla dei torturati. Bartali prova a difendersi. Dice che stava raccogliendo cibo per gli sfollati. Lo salva uno dei sicari di Carità che dice “se Bartali ha detto caffè, farina e zucchero è proprio caffè, farina e zucchero. Lui non mente…”. Ancora una volta la sua figura di atleta senza macchia e senza paura lo salva. Negli ultimi tempi sono emersi nuovi fatti che ampliano la sfera delle attività di Bartali a favore degli ebrei. Giorgio Goldenberg, un ebreo che nel 1943 aveva 10 anni e viveva a Firenze, ha narrato la sua storia : “Quando la situazione a Firenze precipita la nostra famiglia è sempre più a rischio. Ricordo quando Bartali fece capolino nel salottino di casa nostra – racconta Giorgio Goldenberg, che oggi vive a Kfar Saba, Israele - ci propose di nasconderci in una cantina che aveva in zona Gavinana. Era molto piccola. Dormivamo in quattro in un letto matrimoniale, io, mia sorella Tea e i nostri genitori. Non so dove loro trovassero il cibo. Ricordo solo che il babbo non usciva mai, mentre mia madre andava con due secchi a prendere acqua da qualche pozzo”. La famiglia Goldenberg rimase al sicuro nello scantinato di Bartali fino alla liberazione di Firenze da parte degli alleati avvenuta il 10 agosto 1944. Gino Bartali, Campione in corsa, ma soprattutto Campione nella vita.                             Fred
Bartali campione di umanità
Ferdinando in bici
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