Spiriti e spiritelli – Prima parte (4) Non è vero… ma ci credo!
di Renzo Marcuz
Sito Promozionale di Cultura del Basso Lazio dell' Associazione onlus PRETA Via Sotto le mura snc - 03041 Alvito (FR) p.i. 02194120602 CIOCIARI.COM   © pretaonlus 2000-2010 - ciociari @ pretaonlus.it  L’Eco di Roccasecca Anno 19, n. 93		                                           Novembre 2014 Il lupo mannaro  Qui il gioco comincia a farsi pesante, le argomentazioni toccheranno temi e realtà universalmente noti e temuti, il contesto assumerà una valenza globale potendo il fenomeno del lupo mannaro capitare ovunque, sotto qualsiasi latitudine e longitudine. Una globalizzazione del terrore, oserei dire, e non sarebbe neanche necessaria la citazione che sto per fare ma comunque, agli scettici e agli increduli, ricorderei il film “Un lupo mannaro americano a Londra”.  E’ sufficiente come dimostrazione di… globalization? No? Allora ecco subito la dimostrazione che stava pure a Parigi. Ora, però, c’è il rischio che qualcuno, anche dopo aver letto quanto segue, decida di coricarsi con la luce accesa. Scherzi a parte in quel tempo lontano ai lupi mannari ci si credeva, eccome! Io per primo, e quando mi accorgevo che la grande luna bianca sorta da dietro al Monte Cairo aveva assunto la forma di una circonferenza perfetta, cercavo sempre mille scuse per non uscire più di casa. Per lo meno per quella notte. Nelle altre notti la luna non ci metteva paura, stavamo ore a guardarla con i nasi per aria, noi ragazzini del Palazzone, cercando di riconoscere, nei suoi chiaroscuri, l’immagine di Caino che arranca sotto il peso di un fascio di spine.  Così ci aveva detto qualcuno. “Chi?Don Raffaele?” No, Don Raffaele non le diceva queste cose.  Insomma nelle notti di luna piena stavo ben attento a non mettere il naso fuori di casa ed anche stando dentro cercavo di non pensarci.  Perfino il nome scientifico di quello che i fratelli Taviani nel film“Kaos” chiamarono “Il mal di luna” mi metteva paura; “Licantropia” era infatti la definizione medica di quel male e credo che gli autori ce l’abbiano proprio messa tutta per far venire la tremarella alla gente, scegliendo quel nome lì.  “Ma chi era che diventava un lupo mannaro, un licantropo o come Diavolo lo si voglia chiamare? C’era una predisposizione? Una ereditarietà?”.  Pur rendendomi conto che oggi è facile  rispondere a tutto servendosi di quanto è possibile… ramazzare sul web non sono in grado di dare una risposta esatta a questa domanda, per lo meno non ricordo cosa se ne sapesse in quel tempo lontano. So solo di avere recentemente ritrovato, in un numero dell’Eco, un articolo che conferma un’antica credenza, ovvero che fosse destinato a diventare la cosa brutta che ho detto chi fosse nato… indovinate un po’, proprio la Notte di Natale. Ora debbo riferire  un fatto che nel 1958 mi preoccupò e neanche poco.  Mio fratello sarebbe nato  infatti nell’inverno cinquantotto-cinquantanove scegliendo poi, come ho già raccontato, la data del nove febbraio 1959 per venire alla luce. Sarebbe bastato quindi un niente perché nascesse a Natale del cinquantotto costringendomi alla coabitazione con un bel lupacchiotto mannaro, magari settimino, ma non per questo meno allarmante. Fortunatamente non fu così.  Tonando a bomba, ovvero agli ululati strazianti nelle notti di luna piena, voglio concludere ricordando, anche in questo caso, gli antidoti, ovvero le difese, le azioni di salvaguardia che poteva mettere in campo un malcapitato costretto da sua madre ad andare a prendere il latte all’ultimo momento in una notte illuminata a giorno. Non so chi l’avesse detto o riferito, so solo che anche in questo caso  era possibile attrezzarsi, era un po’ complicato, ma per essere possibile era possibile. Era credenza comune, infatti, che per neutralizzare la bestia, facendole riassumere immediatamente e come per incanto fattezze umane, bastasse pungerla con uno spillo, o un ago, legato sulla punta di una lunga canna. Certo qualche difficoltà c’era, potevi portarti da casa lo spillo ed anche l’ago e pure il filo per legarli alla canna, ma questa dove la trovavi? E doveva essere pure lunga! Meglio, molto meglio evitare inutili rischi e trovare una scusa per farsi fare una bella tazza di orzo, che ogni tanto non fa neanche male.   Non ho controllato, ma quanto tempo è passato dalla prima domanda? Se fosse notte sarebbe trascorsa forse tutta, la notte, anche una di quelle lunghe piovose o brumose d’inverno, o d’ autunno, durante le quali è perfino bello parlare di queste cose dopo cena con gli amici.  O ancora meglio, per i bambini, ascoltarle dai grandi facendo finta di giocare.  Ma il discorso è ben lungi dall’essere concluso e una notte, come abbiamo visto, non basta, quindi… tutti a nanna e sogni d’oro, se potete!   Renzo Marcuz 3 maggio 2014
Locandine dal web. Un po’ troppo moderna, per i miei gusti.