Sono
molte,
oggi
le
cose
buone
da
mangiare
e
la
loro
gradevolezza
è
spesso
figlia
del
modo
in
cui
vengono
preparate,
cotte
ed
anche
servite.
Quello
che
si
frigge,
tuttavia,
è
buono
ed
appetitoso
di
per
sé
e
questo
ha
forse
decretato
il
successo
di
tanti
luoghi
dove
il
fritto
la
fa
da
padrone.
“Fish
and
chips”
vengono
chiamati
in
mezza
Europa,
rosticcerie
dalle
nostre
parti.
Sono
luoghi
che
non
frequento
molto
anche
se
in
certi
momenti
l’attrazione
che
essi
esercitano
su
di
me
diventa
irresistibile
oserei
dire
sfrenata,
specie
a
certe
ore.
Confesso,
per
farla
breve,
che
in
certi
momenti
farei
qualsiasi
cosa
per
un
supplì
fatto
come
si
usava
un tempo. Specie a certe ore.
Ma
come
è
nata
questa
debolezza?
Cercherò di spiegarlo.
Tutto
risale
a
quando,
bambino
sui
sette
o
otto
anni,
venivo
da
Roccasecca
con
mamma
a
visitare
parenti
friulani
che
abitavano
a
Roma,
proprio
all'inizio
di
Via
Flaminia,
sulla
sinistra
allontanandosi
dal centro.
Ovviamente
in
quella
rosticceria
vendevano
anche
dell’
altro,
pizza
e
fritti
vari
come
per
esempio
le
crocchette,
anche
loro
preparate
con
un
filetto
di
mozzarella
all'interno.
Ma
nulla
reggeva
il
confronto
con i supplì
Basta,
tornati
a
Roccasecca
mamma
provava
a
rifarmele,
quelle
delizie,
ma
neanche
le
sue
reggevano il confronto con quelle di via Flaminia.
Dove
invece
lei
non
temeva
rivali
era
con
la
mozzarella
in
carrozza,
ricetta
ap-presa
dalle
signore
del
Palazzone,
a
Roccasecca
Scalo,
poiché
in
Friuli,
a
quel tempo, di certo non la conoscevano.
Una
condizione
do-veva
essere
però
rispettata
affinché
il
risultato
fosse
ga-rantito,
un
ingre-diente
era
assolu-tamente
insosti-tui-bile…
il
pane
casa-
reccio.
Doveva
essere
cioè
preparata
con
il
pane
di
Salvitti
che
aveva
bottega
a
Roccasecca
Scalo,
sulla
destra di Via Piave andando verso il bivio.
Aveva
un
profumo
quel
pane
quand’era
appena
sfornato! E che sapore!
Ne
sbocconcellavo
sempre
un
pezzetto
tornando
verso
casa
dopo
averlo
comperato
ed
ogni
volta
che
in
seguito
ascoltai
l'espressione
"buono
come
il
pane"
mi sono tornati alla mente i filoni di Salvitti...
La
sua
bottega
era
lunga
e
stretta,
aveva
un
bancone
all’incirca a metà del locale e, sul bancone, una
bilancia
con
i
piatti
in
bronzo
e
i
pesi
campione,
in
bronzo
pure
loro.Poi
veniva
la
porta
del
laboratorio
dov’era
anche
il
forno
e
dove
avveniva
la
preparazione
dei
pani,
su
di
un
piano
di
marmo,
a
sinistra.
Il
forno
vero
e
proprio,
infine,
era
sul
fondo
con
una
(di Renzo Marcuz)
4
pag. 1/2