mezzaluna di ferro nero a proteggerne la bocca...
Quando
andavo
a
comperarlo,
quel
pane,
mi
tornava
spesso
alla
mente
una
filastrocca
che
mamma
mi
ripeteva
quand’ero
ancora
più
piccolo,
magari
per
farmi
addormentare…
C’era una volta un re
che mangiava il pan per tre
c’era una volta un gatto
che mangiava il pan per quattro
chi mangiava di più, il re o il gatto?
Non
ho
mai
capito
bene
il
significato
profondo
della
filastrocca-
tormentone,
ma
non
è
che
mene
importasse
più
di
tanto,
perché
intanto
ero
arrivato
alla
bottega
del
fornaio,
magari
in
compagnia
di
qualche
altro
ragazzino
del
Palazzone.
Lì
trovavamo
il
vecchio
Salvitti
che
durante
il
suo
lavoro
indossava
sempre
una
maglia
di
lana
,
di
quelle
invernali,
color ocra e con le maniche lunghe.
Che
fosse
estate
o
che
fosse
inverno
era
sempre
la
stessa,
una
specie
di
divisa,
ed
anche
la
sua
barba
era
sempre
la
stessa,
lunga
a
occhio
una
settimana,
e
forse
due.
Dubito
che
il
vecchio
fornaio
sarebbe
riuscito,
oggi,
ad
ottenere
una
certificazione
di
qualità
ma
è
certo
che
io,
anche
oggi,
quel
pane
ce
lo
ricomprerei subito.
Cento
lire
costava
un
filone
da
un
chilo
e,
ripensandoci,
devo
ammettere
che
valevano
davvero
"qualcosa" le cento lire di quel tempo lontano!
Poi
lasciammo
Roccasecca
per
tornare
a
Roma
e
tutto
cambiò,
ma
ancora
oggi,
trascorsa
una
vita,
rimangono
per
me
un
parametro
esistenziale,
un
irrinunciabile
riferimento,
quelle
cento
lire
e
quel
pane...
Buono come il pane (Renzo Marcuz) pag. 2/2
(di Renzo Marcuz)
(Renzo Marcuz)
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