L’Eco di Roccasecca - Anno 22 - n-ro 103
Le canzoni di protesta degli anni ’60                  (parte quinta - Donovan) Il   collegamento   tra   gli   americani   Jefferson   e   l’europeo   Donovan   non   è   del tutto   casuale,   dal   momento   che   il   cantautore   scozzese,   nella   canzone   "Fat Angel"   (Angelo   grasso),   dedicò   l’ultimo   verso   proprio   ai   suoi   colleghi   d’oltre oceano: " Fly Jefferson Airplane, get you there on time … ". Donovan   Leitch,   da   Glasgow   –   di   cui   abbiamo   diffusamente   parlato   sull’Eco n.   16)   -   ha   scritto   alcune   stupende   canzoni,   d’amore   ma   anche   di   protesta, che   vale   la   pena   ricordare.   Donovan   non   è   un   Dylan,   certo,   le   sue   liriche sprigionano    soprattutto    il    sogno    e    la    fantasia,    trattano    temi    come    il pacifismo,   la   difesa   dell’ambiente   e   degli   animali,   ma   sempre   in   modo   molto ingenuo   ed   elementare,   con   toni   delicati   e   sognanti.   Come   ha   scritto   tanti anni   fa   il   critico   musicale   Riccardo   Bertoncelli   " Donovan   è   immerso   in   una visione   serena   delle   cose,   così   come   Bob   Dylan   è   contorto   e   oscuro,   terribile e   ghigliottinante.   I   suoi   arazzi   sono   stemperati   e   delicati,   l’altra   faccia   della realtà,    quella    evitata    da    Dylan;    nuvole    paffute    in    cammino    lentissimo. Donovan   è   il   mattino   di   maggio,   Bob   la   tempesta   del   primo   autunno ".   ( Pop Story ,   Arcana,   1975).   Del   resto,   in   assoluto,   crediamo   che   il   paragone   tra   i due    "menestrelli"    sia    alla    lunga    improponibile,    anche    se    di    recente    lo scozzese   ha   dato   ottimi   segnali   di   risveglio   dopo   anni   di   oblio.   Fatto   sta   che alcuni versi sono realmente imperdibili. A    parte    la    pacifista    Universal    Soldier     ( Soldato    Universale ,    1965)    che Donovan   portò   al   successo,   ma   il   cui   testo   era   di   Buffy   St.   Marie,   pensiamo ad    altre    canzoni    significative    come    The    Dignity    of     Man     ( La    dignità dell’uomo),    The   Voice   of   the   Protest       ( La   voce   della   protesta )   e   la   dura condanna   in   Celia   of   the   Seals    ( Celia   delle   Foche ),   che   entrò   addirittura   in classifica   (!)   in   cui   Donovan   attacca   pesantemente,   una   volta   tanto   senza mezzi termini, lo sterminio delle foche in nome dei produttori di pellicce. La   copertina   del   45   giri   era   molto   cruda,   con   il   sangue   delle   foche   sulla   neve ed un cacciatore ghignante con un coltello in mano. La canzone dice: I cacciatori di foche non sono né prodi né coraggiosi, uccidono le povere piccole foche e le scuoiano per venderne la pelle maledetto sia chi ne fa commercio questo massacro non ha giustificazioni le lasciano sanguinanti sulle rocce chi fa questo non è un uomo è un’azione crudele e senza cuore. La   canzone   di   Donovan   il   cui   testo   trascriviamo   per   intero   è   " Ballad   of   a Crystal Man ", dall’album " Catch the Wind " del 1965. Ballad of a Crystal Man  (La ballata di un uomo cristallino) 1965 Camminate, parlate e vivete liberamente le vostre vite, Ma lasciate i nostri figli con i loro giochi di menta e di candito, Perché non voglio le vostre ali, gabbiani, Non voglio la vostra falsa libertà   I vostri pensieri sono arlecchini I discorsi argento vivo Leggo le vostre facce come una poesia, Un caleidoscopio di parole di odio Perché non voglio le vostre ali, gabbiani, Non voglio la vostra falsa libertà   Nel campo di battaglia sconvolto Pieno di abbaglianti soldatini di stagno La grande bomba, come una mano di bimbo, Potrebbe spazzarli via e ammazzarli Solo per il gusto di vincere Perché non voglio le vostre ali, gabbiani, Non voglio la vostra falsa libertà Voi riempite i bicchieri di vino di negri ammazzati Senza pensare alla bellezza che si diffonde Come il calore del sole mattutino Perché non voglio le vostre ali, gabbiani, Non voglio la vostra falsa libertà   Vietnam: l’ultimo gioco che giocate Con la vostra regina più nera, maledetti Siate dannati voi e maledetti i vostri ghigni Io me ne sto qui con un sogno che svanisce Perché non voglio le vostre ali, gabbiani, Non voglio la vostra falsa libertà  
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