Il Capodanno in Ciociaria
Molte sono le tradizioni che hanno accompagnato nei secoli,
in Ciociaria, la ricorrenza dellultimo giorno dellanno. Fino a qualche tempo
fa era viva lusanza di riunirsi in più famiglie attorno al fuoco del
"ciocco" nel camino, nella tradizionale grande cucina, e trascorrere le ore che
mancavano alla fatidica mezzanotte discorrendo dei fatti accaduti durante lanno
vecchio e recitando le preghiere ai Santi con buoni auspici per lanno nuovo.
Unaltra tradizione popolare molto seguita faceva sì che gruppi di persone (spesso
ragazzi) si recavano dinanzi alle abitazioni di conoscenti e, per ottenere qualche offerta
- soprattutto mangereccia - intonavano canzoncine di Capodanno, con laccompagnamento
di strumenti come lorganetto e la caccavella. Molte di queste canzoni, dette
"della questua" ci sono arrivate, spesso incomplete, per tradizione orale.
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La Chiesa di San Tommaso ed i ruderi del Castello che lultima notte dellanno assumono un aspetto ancora più fiabesco e suggestivo.
Eccone alcuni esempi: Chesta è la canzone de Capedanne. Bone, bonanne, tutte le feste sò de Capedanne. Addumane che cè la prima degli anne a Giuanne gli dia gliu boni bonanne.
Oppure, più comune nelle zone di Veroli e Ferentino:
Bondì, bonanne arapri larca, chè Capedanne.
In alcuni paesi i cantori snocciolavano questa filastrocca, tendendo il busto in avanti, e portando la mano allorecchio, nellatteggiamento di chi sta attento per percepire lo scricchiolio delluscio che sta per aprirsi (della casa sotto la quale si erano messi a cantare). Se la porta rimaneva chiusa, continuavano così:
Me sò partito da luntane apposta pe venì a rutruvà la cummare, gli compare e glamici nostri. Toglie la chiave de sarcuccia, chelle che ce stà dent è roba nostra. Cheste lu lasse a vuia, fior de murtella, se ci vulite dà ca ciammella; si invece de ciammella è na pollastra ce la magname tutta fino a Pasqua. A questo punto, se la casa del questuato continuava a restare serrata, i giovani in coro cercavano di sollecitarne lapertura, invocando alle volte linclemenza del tempo:
Ci tira na strinella secca secca nun me fa più penà, sì benedetta!
Dopo altre strofe, se il padrone di casa fingeva di dormire, si passava scherzosamente alle minacce:
Dacce na zazzicchia e na ciammella sinnò imo a dà foco a sta capannella.
Finalmente le porte si aprivano ed il gruppetto veniva accolto in casa, rifocillato e, in alcuni casi, ricoperto di doni in generi alimentari che avrebbero costituito il pranzo per il giorno successivo, primo dellanno nuovo.
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