Una semplice riflessione e una lontana citazione
Siamo alle soglie del duemila, ma il mondo è ben lontano dallaver superato le ingiuste ineguaglianze che continuano purtroppo a dividere lumanità in due tronconi: i paesi ricchi e i paesi poveri, il mondo sviluppato e quello del sottosviluppo, le ristrette classi esageratamente agiate e i milioni di diseredati. Le diverse religioni e le più varie ideologie politiche non sono riuscite a risolvere il grande problema della disparità di condizione tra i "ricchi" e i "poveri". Sembra di osservare un mondo quasi irreale che, sebbene dominato dai media più evoluti (dalla TV via cavo alle reti informatiche) si presenti al terzo millennio dellera moderna, per certi aspetti, con lo stesso aspetto di duemila anni fa: da una parte le moltitudini che chiedono pace e condizioni di vita dignitose, dallaltra le classi che governano i diversi paesi - politiche, industriali, militari, religiose, etc. - che non riescono a dare una risposta seria in tal senso. Si moltiplicano le Organizzazioni e le riunioni, i premi Nobel e le dichiarazioni dintenti, ma il risultato non cambia, o almeno si vedono soltanto pallidissimi risultati. Tragedie come quelle del Burundi o della vicina ex-Jugoslavia sono sotto gli occhi di tutti. Che fare? Se dessimo un certo tipo di risposta potremmo essere tacciati di utopismo e poco realismo, e allora consentiteci una semplice riflessione, che comprende una lunga citazione di una delle opere più interessanti di Henri de Saint-Simon, e precisamente "LOrganizzatore", scritto nel 1820. Si tratta di una delle più felici prese di posizioni del pensatore francese ed esprime con molta efficacia il nucleo centrale del suo pensiero politico: | |
"Supponiamo che la Francia perda dun tratto i suoi cinquanta migliori fisici, i suoi cinquanta migliori chimici, i suoi cinquanta migliori fisiologi, i suoi cinquanta migliori matematici, i suoi cinquanta migliori poeti, i suoi cinquanta migliori pittori, i suoi cinquanta migliori scultori, i suoi cinquanta migliori musicisti, i suoi cinquanta migliori letterati; i suoi cinquanta migliori ingegneri meccanici, i suoi cinquanta migliori ingegneri civili e militari, i suoi cinquanta migliori artiglieri, i suoi cinquanta migliori architetti, i suoi cinquanta migliori medici, i suoi cinquanta migliori chirurgi, i suoi cinquanta migliori farmacisti, i suoi cinquanta migliori marinai, i suoi cinquanta migliori orologiai; i suoi cinquanta migliori banchieri, i suoi duecento migliori negozianti, i suoi seicento migliori agricoltori, i suoi cinquanta migliori fabbri ferrai, i suoi cinquanta migliori minatori, i suoi cinquanta migliori armaiuoli, i suoi cinquanta migliori tintori, i suoi cinquanta migliori fabbricanti di panno, i suoi cinquanta migliori fabbricanti di cotone, i suoi cinquanta migliori fabbricanti di seta, i suoi cinquanta migliori fabbricanti di tela, i suoi cinquanta migliori fabbricanti di chincaglierie, i suoi cinquanta migliori fabbricanti di porcellane, i suoi cinquanta migliori fabbricanti di cristallo e di vetro, i suoi cinquanta migliori armatori, le sue cinquanta migliori imprese di trasporti, i suoi cinquanta migliori tipografi, i suoi cinquanta migliori incisori, i suoi cinquanta migliori orafi ed altri specialisti nella lavorazione dei metalli; i suoi cinquanta migliori muratori, i suoi cinquanta migliori carpentieri, i suoi cinquanta migliori falegnami, i suoi cinquanta migliori maniscalchi, i suoi cinquanta migliori magnani, i suoi cinquanta migliori coltellinai, i suoi cinquanta migliori fonditori, e cento altre persone di diversa professione, sopra non indicate, più capaci nelle scienze, nelle belle arti e nelle arti e nei mestieri, in tutto i tremila migliori scienziati, artisti ed artigiani di Francia. |
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Poiché questi uomini tra i francesi sono i produttori più essenziali, coloro cioè che forniscono i prodotti più importanti, coloro che dirigono i lavori più utili alla nazione, coloro che la rendono produttiva nelle scienze, nelle belle arti e nelle arti e mestieri, essi sono realmente la parte migliore della società francese; di tutti i francesi essi sono i più utili al loro paese, coloro che gli procurano maggior gloria, che accelerano la sua civiltà e insieme la sua prosperità; nell'istante in cui dovesse perderli, la nazione diverrebbe un corpo senza anima, cadrebbe immediatamente in una situazione dinferiorità nei confronti delle nazioni di cui oggi è rivale e continuerebbe a rimanere loro inferiore finché non riuscisse a riparare questa perdita, finché non le fosse ricresciuta la testa. E dovrebbe passare un'intera generazione perché in Francia venisse riparata questa sciagura: infatti gli uomini che si distinguono con opere di utilità positiva sono delle vere eccezioni e la natura non è prodiga di eccezioni, soprattutto di questo tipo. |
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Una serie di bellissime stampe inglesi del 1600 circa, raffiguranti vari tipi di mestieri |
"Ma passiamo ad unaltra supposizione. Ammettiamo che la Francia conservi tutti gli uomini di genio che essa possiede nelle scienze e nelle belle arti e nelle arti e mestieri, ma che invece abbia la sfortuna di perdere, nello stesso giorno Monsieur il fratello del Re, il duca di Angouleme, il duca di Berry, il duca di Orléans, il duca di Bourbon, la duchessa di Angouleme, la duchessa di Berry, la duchessa di Orléans, la duchessa di Bourbon e quella di Condé; che essa perda, nel medesimo tempo, tutti i grandi ufficiali della Corona, tutti i ministri, con o senza portafoglio, tutti i consiglieri di Stato, tutti i procuratori del regno, tutti i marescialli, tutti i cardinali, arcivescovi, vescovi, i vicari generali, i canonici, tutti i prefetti e sottoprefetti, tutti gli impiegati dei ministeri, tutti i giudici e in più i diecimila proprietari più ricchi fra coloro che vivono "more nobilium". Questo fatto affliggerebbe certamente i francesi, che sono di buon cuore, e non possono rimanere indifferenti di fronte alla subitanea scomparsa di tanti loro compatrioti. La perdita però delle trentamila persone ritenute le più importanti dello Stato, recherebbe loro dispiacere dal punto di vista sentimentale, non risultandone infatti nessun male politico per lo Stato". | |
Un concilio di nobili e potenti |
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L'ipotesi di Saint-Simon, se vogliamo un po' paradossale circa la "eliminazione" della classe industriale nella prima congettura, e di quella che è espressione della politica tradizionale nellaltra, evidenzia chiaramente linutilità della seconda ai fini della collettività. Era inconcepibile, per luomo di pensiero francese, che coloro che operavano per far progredire la società dovessero restare subordinati ai nobili, agli aristocratici, agli oziosi, coloro cioè che erano "ricchi senza alcun merito". Saint-Simon sottolinea la ormai decisa preminenza che assumono, in tutto il sistema politico moderno, lorganizzazione della produzione economica e le corrispondenti categorie che lo promuovono, lo dirigono e lo realizzano. La società moderna ha dunque come base portante lindustria ma senza antagonismi di classe, perchè allo sfruttamento degli uomini si sostituirà lo sfruttamento delle risorse naturali e sociali. |
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Certo, ci troviamo di fronte ad una ulteriore concezione di una società del futuro vista in senso utopistico, una idealizzazione delle armonie e delle felicità collettive, già presenti nelle opere dei precursori Tommaso Moro, Campanella, Bacone e del suo contemporaneo Fourier. Nulla di particolarmente innovativo nella storia del pensiero filosofico-politico, indubbiamente. Ma è proprio certo che abbiamo bisogno di grandi novità? Di innovative concezioni che riescano a modificare in meglio la nostra società? O, alle volte, basterebbe mettere in pratica vecchie ma semplici considerazioni per rendere un servigio a noi stessi e agli altri? Quella che abbiamo citato, e ci perdonerete se la citazione è stata lunga, è infatti semplicemente lidea di una nuova organizzazione "egualitaria", che emerge ancora di più se andiamo a leggere lultima opera del Saint-Simon, quel "Nuovo Cristianesimo", pubblicato postumo nel 1825, in cui si sostiene che "tutti gli uomini devono comportarsi gli uni verso gli altri come fratelli" e che "tutta la società umana deve lavorare per il miglioramento dell esistenza morale e fisica della classe più povera e la religione deve dirigere questa società verso il grande scopo del miglioramento più rapido possibile della classe povera". Il "Nuovo Cristianesimo" dunque pone al centro del suo insegnamento la questione sociale promuovendo un profondo rinnovamento morale ed economico delle classi meno abbienti e ponendo la religione cristiana quale reale collegamento tra le diverse classi sociali, espressione cioè del sentimento di profonda solidarietà e di umana fratellanza che deve costituire il vincolo fondamentale e unificante della nuova società, una vera "religione dellumanità". E vero, sembra banale essere daccordo se non con tutto, almeno con la maggior parte di queste affermazioni (scritte quando Carlo Marx aveva appena sette anni) le quali potrebbero essere sinteticamente ridotte ad un "gli uomini sono tutti fratelli", una affermazione tanto scontata ed apprezzata quanto mai messa in pratica. E allora, tornando ai nostri discorsi iniziali sulla scarsa volontà di intervento dei potenti della società attuale nei confronti dei "fratelli" meno fortunati, vogliamo concludere con lappello finale che Saint-Simon rivolge nella sua ultima opera ai "Principi" dellepoca, in cui si fa riferimento ad un elemento assolutamente attuale: "la felicità sociale del povero". Pertanto possiamo volentieri girare lappello ai "Principi attuali": |
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"Principi,ascoltate la voce di Dio, che vi parla attraverso la mia bocca, ridiventate buoni cristiani, cessate di pensare che gli eserciti assoldati, i nobili, i cleri eretici e i giudici perversi siano il vostro principale sostegno; uniti nel nome del cristianesimo, sappiate adempiere tutti i doveri che esso impone ai potenti; ricordate che esso comanda loro di impiegare tutte le proprie forze per accrescere il piú rapidamente possibile la felicità sociale del povero."
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