Fabrizio
De
Andrè
,
oltre
ad
averci
regalato
delle
canzoni
splendide,
ci
ha
lasciato,
nella
sua
lunga
storia
di
cantautore,
delle
traduzioni
formidabili
di
quegli
artisti
che
ha
ammirato
in
particolar
modo,
e
che,
come
Brassens
hanno
influenzato
anche
il
suo
modo
di
comporre.
Una
delle
prime
ad
essere
stata
tradotta
e’
Fila
la
lana
(File
le
laine)
("Tutto
Fabrizio
De
Andre’"
1966
–
"Canzoni"
1974),
canzone
passata
come
un
pezzo
del
XIV
secolo,
e
che
invece,
a
quanto
sembra,
e’
un
pezzo
scritto
e
mai
firmato
da
Mercy,
giornalista
francese
contemporaneo.
E’
una
delle
tante
cose
riprese
da
FDA
e
fatte
sue,
come
per
esempio
la
musica
di
Via
del
Campo
da
uno
spettacolo
teatrale
di
Dario
Fo
ultimamente
attribuita
ad
Enzo
Iannacci.
Il
testo
originale
di
File
la
laine
viene
comunque
lasciato
intatto
nella
sua
traduzione.
Cambia,
per
ragioni
metriche,
Monsier
de
Malborough
in
Il
Signor
di
Vly.
La
traduzione
e’
stata
abbastanza
complessa
per
gli
angusti
spazi
che
lascia
a
volte
la
lingua
francese,
che,
pur
essendo
neolatina,
e’
a
volte
così
densa
di
parole
in
poche
note,
che
il
nostro
ha
dovuto
letteralmente
fare
salti
mortali
per
conservarne
tutti
i
significati
nel
testo
in
italiano.
Anche
a
ciò
e’
dovuta
la
bravura
di
F.D.A.
che
e’
riuscito,
negli
spazi
angusti
dei
testi
di
Brassens,
di
Dylan
e
di
Cohen,
a
tener
fede
all’atmosfera
degli
originali.
Anche
se
ci
ha
presentato
forse
solo
le
traduzioni
che
venute
meglio,
certo
questo
non
esse
siano
dei
piccoli
capolavori.
In
l’originale,
traduzione
ed
-
confondi.
Una
storia
a
parte
e’
quella
de
La
morte
che
dovrebbe
essere
la
traduzione
de
Le
verger
du
Roi
Luis
di
Brassens
(Volume
I,
1967),
da
un
poema
di
Banville
:
il
testo
in
questo
caso
non
ha
nulla
a
che
vedere
con
l’originale.
FDA
ha
preso
a
prestito
la
musica
inserendo
un
testo completamente suo
Le
altre
traduzioni
sono
di
una
fedeltà
incredibile.
A
volte
FDA
pospone
dei
versi
o
addirittura
delle
strofe
come
succede
in
Via
della
Povertà
(Desolation
row
–
Bob
Dylan)
da
Canzoni
(1974),
ma
tutto
viene
poi
ripreso
con
cura
e
completato.
A
volte
aggiunge
anche
delle
note.
E’
questo
un
vecchio
dilemma
da
risolvere
se
e’
lecito
aggiungere
delle
note
alla
musica,
pur
rimanendo
nello
spirito
della
stessa.
Io
penso
che
se
queste
aggiunte
fossero
fatte
ad
un
pezzo
musicale
allora
non
sarebbe
lecito,
ma
visto
che
si
tratta
di
canzoni
che
vivono
di
musica
e
parole,
allora
e’
giusto
che
si
possa,
senza
però
esagerare
o
stravolgere.
Per
esempio
in
Avventura
a
Durango
(Romance
in
Durango
-
Bob
Dylan)
dall’album
Rimini
(1978)
il
testo
originale
dice
"Hot
chili
peppers
in
the
blistering
sun
"
e
diventa
nella
traduzione
"Peperoncini
rossi
nel
sole
cocente",
cioè
con
il
finale
che
da
tronco
diventa
ammorbidito
da
una
nota
in
più.
Tutto
regolare
visto
che
il
verso
seguente
e’
"Dust
on
my
face
and
my
cape"
dove
l’ultima
parola
e’
cantata
ca-a-pe
con
tre
note
(polvere
sul
viso
sul
cappello)
dove
entra
precisa
la
parola
cappello.
Come
se
il
sun
fosse
su-un
per
analogia.
Devo
dire
che
le
note
aggiunte
a
volte
sono
più
di
una;
il
nostro
poeta
arriva
addirittura
a
far
entrare
"occidente"
(quattro
sillabe)
nel
bisillabo
"the
run"
del
verso
successivo.
Comunque
l’effetto
finale
e’
stupefacente,
anche
lo
spagnolo
usato
dal
protagonista
diventa
accento
del
sud
Italia
(No
llores,
mi
querida
diventa
Non
chiagne
Maddalena).
Questo
vezzo
di
FDA
di
usare
un
vago
accento
del
sud si ritrova spesso nei sui concerti.
(n. 26 aprile 2000 di Gianfranco)
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