Allora
mi
arrabbiai
e
andai
via
”.
Fu
la
fine
della
sua
esperienza
giornalistica
ma
anche
l’inizio
della
sua
storia
di
musicista.
“
Pochi
giorni
dopo
in
una
piazza
di
Modena
vidi
arrivare
un
tipo
strano
con
un
carrettino.
Sopra
c’erano
i
pezzi
di
una
batteria.
La
montò
e
iniziò
a
suonare,
da
solo.
Lo
avvicinai
e
dopo
aver
fatto
conoscenza
mi
disse
che
faceva
parte
di
un
complesso,
come
si
chiamavano
allora
i
gruppi.
Cercavano
un
chitarrista
e
voce
solista.
Andai
a
provare
e
mi
presero
“.
Erano
i
Marinos
dove
suonava
fra
gli
altri
anche
Victor
Sogliani
che
diventò
grande
amico
di
Guccini.
In
pratica
il
nucleo
da
cui
sarebbe
nata
l’Equipe
84,
passando
attraverso
vari
cambi
di
nome
e
di
formazione.
“
Facevamo
spesso
anche
musica
da
ballo
in
tutte
le
più
sordide
balere
emiliane.
Facemmo
stagioni
estive
in
varie
località
e
anche
una
tournee
all’estero.
Ovvero,
ci
invitarono
a
suonare
in
un
locale
in
Svizzera.
Ci
chiamavamo
allora
“I
gatti
”
ma
quando
arrivammo
sul
posto
scoprimmo
dai
manifesti
che
l’
organizzazione
ci
aveva
ribattezzato
come
“I
fusti
italiani”.
Il
locale
era
pieno
di
italiani
che
ci
accolsero
con
entusiasmo.
Noi,
diciamo
la
verità,
eravamo
musicalmente
scarsi.
Avevamo
in
particolare
un
tastierista
che
veniva
dalla
fisarmonica
e
non
sapeva
nemmeno
leggere
gli
spartiti.
Ad
un
certo
punto,
con
nostra
grande
sorpresa,
salì
sul
palco
Nunzio
Gallo
e
chiese
proprio
al
nostro
organista
di
accompagnarlo
nell’esecuzione
delle
sue
canzoni.
Quello
andò
in
crisi,
lo
salvammo
in
qualche
modo
entrando
con
le
chitarre.
Momento
terribile”.
Al
rientro
a
Modena
il
padre
chiese
a
Guccini
notizie
della
Svizzera.
“
Non
sapevo
che
dirgli
e
gli
raccontai
che
lì
le
cassette
postali
erano
gialle
invece
che
rosse
come
da
noi.
Lui
lavorava
alle
Poste
e
rimase
molto
colpito da questa notizia.
.”.
Poi
le
prime
canzoni
eseguite
da
Nomadi
ed
Equipe
84 e con esse la notorietà e i primi dischi.
“
Devo
dire
che
finché
ho
fatto
concerti
e
dischi
non
ho
mai
avuto
problemi
dovuti
alla
fama.
Anzi,
ovunque
sono
andato
mi
hanno
sempre
lasciato
tranquillo,
potevo
girare
dappertutto.
Da
quando
ho
smesso
invece
come
mi
muovo
trovo
gente
che
mi
riconosce
e
che
mi
avvicina.
Venendo
a
Recanati
mi
sono
fermato
in
una
trattoria,
il
titolare
mi
ha
riconosciuto
e
ha
voluto
offrirmi
il
pranzo
”.
Ma
soprattutto
il
pellegrinaggio
continuo
a
casa
sua
a
Pavana.
“
Arrivano
in
tanti,
durante
la
bella
stagione
tutti
i
giorni,
d’inverno
un
po’
meno
spesso.
Si
fermano,
bussano
alla
mia
porta.
Foto,
autografi,
due
chiacchiere.
In
certi
casi
diventa
pesante.
Ricordo
uno
che
mi
bussava
ogni
cinque
minuti,
stavo
dormendo
e
l’avrei
ucciso.
E
pensare
che
poco
lontano
da
me
,
a
Zocca,
abita
Vasco
ma
lui
ha
un
recinto
alto
tre
metri
e
scioglie
i
cani
contro
gli
estranei”
.
Addirittura
da
qualche
anno
il
27
giugno
c’è
un
gruppo
di
fans
che
noleggia
una
locomotiva
a
vapore
con
vagoni,
parte
dalla
stazione
di
Bologna
e
lo
raggiunge
a
Pavana
attraverso
la
storica
ferrovia
porrettana.
“
Mi
sono
dissociato
–
spiega
Guccini
–
mi
sembra
un’esagerazione.
C’è
di
mezzo
la
Pro
Loco
di
Pavana,
il
presidente
è
un
mio
amico
e
partecipa
anche
la
parrocchia
”.
L’ultima
volta
erano
circa
trecento.
Riavvolgendo
la
pellicola
dei
ricordi
Francesco
ha
raccontato
dei
rapporti
con
gli
altri
cantautori
:
“
Con
alcuni
sono
amico.
Claudio
Lolli
che
è
di
Bologna,
Ligabue
e
Zucchero
che
hanno
conservato
una
forte
connotazione
emiliana.
Ho
avuto
una
lunga
amicizia
con
Giorgio
Gaber,
ci
vedevamo
spesso
anche
se
lui
stava
a
Milano,
e
con
Roberto
Vecchioni.
Ho
conosciuto
più
superficialmente
Fabrizio
De
Andrè
e
De
Gregori.
Con
Lucio
Dalla
un
rapporto
strano.
Ci
vedevamo
spesso,
però
eravamo
molto
diversi.
Lui
vero
“cittadino”
io
invece
montanaro
”.
A
cena
da
Zucchero
:
“
Quando
mi
invita
a
casa
sua
si
mangia
solo
cibo
prodotto
da
lui
stesso.
Ha
persino
una
bufala
per
farsi
le
mozzarelle.
Io
invece
produco
ortaggi
che
mi
costano un occhio della testa
”.
La
chiacchierata
scorre
via
piacevole
fra
gli
spunti
sulle
sue
canzoni
e
i
romanzi,
scritti
prima
da
solo
e
poi
con
Loriano
Machiavelli.
“
Il
mio
primo
libro
fu
Croniche
epafaniche
(1989)
è
stato
un
best
seller
nonostante
la
lingua
in
cui
è
stato
scritto.
Credo
però
che
se
non
fossi
stato
già
noto
come
cantautore
nessun
editore
me
lo
avrebbe
mai
pubblicato
”.
Infine
la
visita
ad
Auschwitz,
nello
scorso
marzo,
a
50
anni
dall’uscita
dell’omonima
canzone.
“
Da
tanto
pensavo
di
andarci.
Una
visita
che
colpisce.
Auschwitz
non
è
un
posto
come
un
altro
”.
Una
pausa
di
silenzio,
poi
la
sua
ironia
quasi
per
ammorbidire
pensieri
pesanti
:
“
Ad
Auschwitz,
durante
la
mia
visita,
sono
caduto
come
un
cretino
e
mi
sono
rotto
una
spalla.
Mi
hanno
curato
in
un
ospedale
polacco,
due
infermiere
con
due
spalle
enormi.
Adesso
c’è
stato
Papa
Francesco,
anche
lui
è
caduto
ma
non
si
è
rotto
nulla. Sospetto che sia un raccomandato speciale
”.
Quando
si
alza
e
saluta
la
gente
il
suo
camminare
incerto
colpa
anche,
ma
non
solo,
della
spalla
ancora
dolorante
fa
impressione.
A
76
anni
è
molto
diverso
dal
Guccini
con
il
quale
ci
siamo
amabilmente
intrattenuti
dopo
il
concerto
di
Ancona pure narrato su queste colonne.
Era
il
2003,
tredici
anni
fa
ma
sembrano
molti
di
più.
Il
3
dicembre
del
2011
l’ultimo
concerto,
a
Bologna,
a
novembre
del
2012
l’ultimo
album
“L’ultima
Thule”.
Vederlo
dal
vivo,
anche
se
acciaccato,
è
stato
confortante.
Sapere
che
lui
c’è
ancora
mi
fa
sentire
comunque
meno
solo.
E’
una
presenza
che
fa
bene
al
cuore
in
un
periodo
di
incertezze e nefandezze. Politiche e non.
Lunga vita al Maestrone.
(Ferdinando)
Una serata con Guccini (Ferdinando) pag.2/2
In concerto ad Ancona ‘03 (foto Trapper)
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