storica
rete
al
Prate
r
di
Vienna
contro
l’omologa
Nazionale
austriaca.
A
Roccasecca
proprio
con
Alfredo
Tanzilli
formò
una
formidabile
coppia
di
attaccanti,
un
misto
di
classe
e
potenza
devastante
per
la
categoria.
Poi
Tommasino
tornò
a
giocare
nel
Roccasecca
in
età
matura,
allenando
a
lungo
sia
i
giovani
che
la
prima
squadra.
Anche
Alfredo,
dopo
aver
giocato
a
lungo
in
serie
D
pure
con
Cassino,
tornò
a
giocare
nel
Roccasecca
quando
veleggiava
verso
i
quaranta
anni
ed
abitava
già
ai
Castelli.
Ho
avuto
il
piacere
di
giocare
con
entrambi,
io
ragazzino
agli
inizi
e
loro
a
fine
carriera,
ma
ho
apprezzato
sia
la
loro
bravura
che
soprattutto
l’
umiltà
e
la
capacità
di
trasferire
a
noi
ragazzi
l’amore
per
lo
sport
e
il
rispetto
per
gli
avversari.
Quest’ultimo
particolare
in
Alfredo
a
volte
era
esasperato
sino
all’eccesso.
Ricordo
che
subiva
falli
anche
pesanti
data
la
sua
classe,
ma
non
l’ho
mai
visto
protestare
e
anzi
se
l’avversario
si
scusava
era
sempre
pronto
a
ringraziarlo.
Uno
stile
inimitabile,
spesso
esibito
fra
le
urla
del
fratello
“Roccuccio”
che
proprio non condivideva il fair play di Alfredo.
Tommasino
invece
l’ho
avuto
anche
come
allenatore.
Carica,
grinta,
calcio
ruspante,
magari
con
marcate
tendenze
difensive
ma
anche
per
lui
il
rispetto
dell’avversario
era
un
dovere
preciso
per
ognuno
di
noi.
E
poi
il
suo
slogan
:
“se
ci
credete
non
siete
più
scarsi
degli
altri”.
Sentiva
moltissimo
il
derby
con
“l’altra”
Roccasecca,
un
must
dell’epoca
sino
alla
storica
fusione
delle
due
società
maturata
nel
corso
di
una
caldissima
estate
con
estenuanti
riunioni,
molte
delle
quali
tenute
in
casa
mia
con
mio
padre
nella
funzione di mediatore e garante.
Uno
dei
miei
ricordi
più
vividi
e
belli
di
quella
età
è
riferito
proprio
ad
un
derby
Juniores
disputato
contro
“l’altra”
Roccasecca
con
Tommasino
sulla
nostra
panchina.
Eravamo
oggettivamente
molto
più
deboli,
per
di
più
con
tante
assenze,
mentre
loro
per
l’occasione
avevano
anche
rinforzato
la
squadra
con
diversi
calciatori
fuori
quota
provenienti
dalla
prima
squadra.
Ricordo
che
c’era
molta
attesa
per
quella
partita,
all’epoca
non
c’era
il
calcio
in
tv
se
non
la
sera
con
Novantesimo
e
Domenica
sportiva.
Non
c’era
granché
altro
da
fare
in
paese
e
le
vicende
delle
squadre
locali
polarizzavano
l’attenzione
di
tutti,
anche delle donne.
Alla
vigilia
in
molti
scommettevano
su
quanti
gol
avremmo
incassato
al
passivo
e
in
effetti
andammo
subito
sotto
dopo
pochissimi
minuti.
L’inizio
della
fine
?
Nemmeno
per
sogno.
Giocavo
da
“libero”
ed
ero
come
spesso
mi
è
capitato
il
capitano
di
quella
squadra
con
tanti
sotto
età.
Appena
subito
il
gol
dello
0-1
Tommasino
mi
chiamò
vicino
alla
panchina
e
mi
disse
di
non
muovermi
più
dalla
difesa
e
di
rincuorare
i
più
giovani.
E
poi
mi
disse
:
“Difendiamo
lo
0-1
e
negli
ultimi
minuti
ci
giocheremo
il
tutto
per
tutto
”.
In
effetti
ci
difendemmo
in
tutti
i
modi,
loro
credendo
tutto
facile
gigioneggiarono
parecchio
e
non
trovarono
il
raddoppio.
Ad
un
minuto
dalla
fine
guadagnammo
un
calcio
d’angolo
e
allora
Tommasino
mi
fece
segno
di
andare
in
area
avversaria
per
sfruttare
la
mia
elevazione.
Cosa
che
facevo
spesso
ma
quella
volta
fu
davvero
speciale.
Mi
piazzo
in
area,
vedo
il
pallone
arrivare
e
il
loro
portiere
uscire
fuori
tempo.
Lo
anticipo
di
testa
e
la
metto
dentro.
Non
ci
credeva
nessuno.
I
nostri
avversari
per
primi,
increduli
per
il
pareggio
subito
allo
scadere
in
una
partita
che
consideravano
già
vinta.
Ricordo
che
Tommasino
mi
chiamò
mentre
tornavo
a
centrocampo
sommerso
dai
compagni
e
mi
disse
:
“
Adesso
non
muoverti
più
da
dietro
e
se
prendi
palla
falla
arrivare
a
casa
di
Salvatore
”.
Cioè
un’abitazione
che
sorge
a
300
metri
dal
campo.
Un
chiaro
invito
spazzare
via
tutto
ciò
che
sarebbe
arrivato
dalle
mie
parti.
Compreso
il
pallone.
In
effetti
passammo
indenni
i
minuti
di
recupero
e
quel
derby
finì
con
un
sorprendente
1-1.
Negli
spogliatoi
Tommasino
aveva
gli
occhi
lucidi
e
ci
ripetette
la
sua
frase
:
“
Se
ci
credete
non
siete
più
scarsi
degli
altr
i”.
Mi
si
avvicinò
e
mi
disse
“
Oggi
mi
sei
piaciuto
più
come
capitano
che
come
calciatore.
La
partita
l’hai
salvata
prima
del
gol
tenendo
uniti
i
ragazzi
”.
Il
più
bel
complimento
che abbia mai ricevuto da calciatore.
Anche
Pinuccio
Di
Vito
è
stato
mio
compagno
di
squadra,
anch’egli
negli
ultimi
anni
di
attività
da
portiere. Simpaticissimo, in campo e fuori.
Il
suo
soprannome
“Bankett”
gli
fu
affibbiato
dagli
amici
per
una
molto
presunta
somiglianza
nello
stile
esibito
fra
i
pali
con
Gordon
Banks,
grande
portiere
della
Nazionale
inglese
e
allora
uno
dei
più
forti
al
mondo.
Fuori
dal
campo
formava
con
Quirino
Giannitelli
una
coppia
quasi
inseparabile.
Ideatori
di
mille
scherzi,
entrambi
grandi
animatori
della
combriccola
degli
amici
del
paese.
Fra
i
due
c’era
un
costante
clima
goliardico,
scherzi
e
battute
a
getto
continuo.
Qualcuno
mi
ha
ricordato,
per
esempio,
un
siparietto
che vide protagonisti i due amici.
Siamo presumibilmente nei primi anni settanta.
A
Roccasecca
capita
un
giovane
tornato
al
paese
probabilmente
per
la
classica
visita
ai
nonni
o
agli
zii.
Il
ragazzo
era
un
ciclista
praticante
e
nei
giorni
della
sua
permanenza
in
loco
girava
per
le
strade
del
paese
con
un
impeccabile
e
vistoso
abbigliamento
da
perfetto
ciclista
professionista.
Una
mise
che
non
poteva
sfuggire
a
Bankett,
all’epoca
spesso
appostato
davanti
al
bar
in
piazza
alla
ricerca
di
qualche
diversivo
per
trascorrere
il
tempo.
Vedendo
il
ciclista
aggirarsi
nei
paraggi,
a
Bankett
si
illuminò
la
lampadina
dell’idea
scherzosa
e
pensò
immediatamente
di
coinvolgere
l’ignaro
“compare”
Quirino.
“
Ti
va
di
fare
una
sgambata
in
bicicletta
insieme?”
fu
la
proposta
lanciata
da
Bankett
al
ciclista
forestiero.
Avuta
risposta
affermativa
Bankett
diede
appuntamento
allo
“straniero”
per
la
mattina
successiva
alle
5
aggiungendo
le
seguenti
avvertenze
:
“
Guarda,
io
ho
il
sonno
pesante
e
mi
può
succedere
di
non
sentire
la
sveglia.
Se
alle
5
non
mi
vedi
vieni
direttamente
a
casa
mia.
Adesso
ti
indico
la
finestra
della
camera
dove
dormo.
Non
esitare
a
bussare
forte
I quattro (Ferdinando) pag 2/2
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