Copertina creata con immagine non corrispondente agli
album registrati e con i titoli inseriti con i “trasferelli”
(collezione personale del Direttore)
Mentre
coloro
che
non
tenevano
molto
all’aspetto
esteriore
della
cassetta
si
accontentavano
di
scrivere
i
titoli
degli
album
e
delle
canzoni
sulle
etichette
di
cartone
presenti
nella
confezione,
altri
più
creativi
e
fantasiosi
creavano
delle
copertine
“speciali”
che
raffiguravano
i
cantanti
e
i
gruppi,
utilizzando
ritagli
di
riviste
o
personali
capacità
artistiche.
Alcune
di
queste
copertine
erano
veri
capolavori.
Poi
c’erano
i
fissati,
che
volevano
riprodurre
esattamente
la
copertina
dell’album,
e
che
utilizzavano
le
foto
delle
copertine
originali
trovate
su
giornali
specializzati
e
su
riviste
del
settore,
ricreando
il
più
esattamente
possibile
la
versione
originale.
Altri,
già
abituati
ad
utilizzare
la
macchina
da
scrivere,
battevano
a
macchina
i
titoli,
mentre
quelli
più
sofisticati
usavano
i
trasferelli
con
grandi
doti
di
precisione
e
di
pazienza.
Altro
problema
era
dato
dalla
durata
delle
cassette.
All’inizio
esistevano
soltanto
le
C60
(30
minuti
per
facciata)
e
le
C90
(45
minuti
per
facciata).
Rispetto
agli
LP
dei
primi
anni
’60
che
duravano
poco,
le
C60
consentivano
di
registrare
tranquillamente
due
album
per
cassetta,
uno
per
ogni
facciata,
ma
dal
1965/66
in
poi,
con
la
durata
degli
album
salita
a
circa
40
minuti,
era
necessaria
la
C90.
In
seguito
alcune
marche,
come
l’Agfa,
crearono
le
C60+6
e
le
C90+6
che
regalavano
ulteriori
3
minuti
a
facciata
per
gli
album
più
lunghi
che
sforavano i 45 minuti.
Un’altra
novità
fu
data
dalle
C45
nelle
quali
entrava
giusto un LP.
Naturalmente
questi
problemi
non
si
ponevano
per
le
registrazioni
dalla
radio,
in
quanto
in
quelle
occasioni
si
registravano
le
canzoni
di
diversi
interpreti,
di
volta
in
volta,
fino
a
riempimento
del
nastro.
Furono
le
prime
“compilation” create da ciascuno di noi.
Il
vero
problema
nacque
dopo
qualche
tempo
a
causa
delle
case
discografiche
che
cominciarono
ad
intuire
il
rischio
che
le
registrazioni
su
cassetta
dei
successi
più
importanti
potessero
fa
calare
l’acquisto
dei
dischi.
E
così
un
bel
giorno
ci
accorgemmo
che
le
nostre
registrazioni
venivano
bruscamente
disturbate
dai
presentatori
dei
programmi
radiofonici
(allora
non
erano
ancora
detti
DJ)
che
parlavano
sulla
canzone,
o
all’inizio,
facendola
partire
mentre
ancora
non
avevano
finito
la
presentazione,
o
anche
nel
bel
mezzo,
sfumando
la
musica
e
facendo
un
qualunque
annuncio.
Ascoltare
Child
in
Time
dei
Deep
Purple
e
sentir
parlare
proprio
nel
momento
in
cui
Richie
Blackmore
partiva
con
il
celebre assolo centrale non era il massimo!
Arrivarono
poi
le
cassette
C120,
riempibili
con
ben
2
ore
di
registrazioni,
ma
poco
affidabili
per
l’alto
rischio
di
rottura
del
nastro.
Di
solito
non
erano
utilizzate
per
la
musica
mentre
erano
utili
per
le
lezioni
universitarie
della durata di un’ora.
Quattro BASF LH 90 utilizzate per registrazioni di musica
classica(collezione personale del Direttore)
Una poco nota Prinzsound (collezione personale del
Direttore)
Il
piccolo
formato
delle
cassette,
insieme
alla
frenesia
di
registrare
tutte
le
canzoni
possibili,
favorì
l’invasione
di
questi
oggetti
in
parecchie
case:
entrate
in
sordina
a
fine
anni
’60,
decuplicarono
e
in
alcuni
casi
centuplicarono
la
loro
presenza.
Sorse
il
problema
di
riporle
da
qualche
parte
ed
apparvero
i
primi
contenitori,
da
quelli
in
plastica
di
forma
generalmente
cubica,
componibili
alle
bacheche
in
legno,
ma
c’era
anche
chi
utilizzava
scatole
di
ogni
tipo,
soprattutto
quelle
stupende
confezioni
che
in
origine
avevano
contenuto
bottiglie
di
liquori
(ricordo
quelle
della
Stock
di
Trieste),
nelle
quali
era
possibile
stipare oltre 100 cassette.
C’è
da
raccontare
anche
qualche
problema
che
le
cassette
davano,
soprattutto
se
utilizzate
più
volte.
Poteva
succedere
che
il
nastro
si
incastrasse
o
che
addirittura si spezzasse.
Nel
primo
caso
si
provava
a
sbloccare
andando
"avanti
e
indietro”
veloce
(i
famigerati
comandi
REW
e
FFWD)
oppure
utilizzando
la
classica
matita
per
sbloccarla
manualmente.
Nel
secondo
caso
bisognava
aprire
la
cassetta
e
provvedere
alla
giuntura
del
nastro
spezzato
con
un
pezzetto
di
scotch.
Naturalmente
le
cassette
della
prima
ora,
che
avevano
le
due
parti
unite
con
5
viti,
erano
facilmente
apribili,
ma
quando
le
viti
furono
sostituite
da
parti
di
plastica
ad
incastro
l’apertura
e
la
successiva
chiusura
diventarono molto più complicate.
Le
cassette
usate
moltissime
volte
potevano
anche
dare
un
curioso
problema
per
cui
ascoltando
una
facciata
si
sentiva
in
sottofondo
la
musica
registrata
sull’altro
lato.
In
quel
caso
probabilmente
la
cosa
migliore era il cestino dei rifiuti…
Le
custodie
esterne
avevano
una
parte
nera
(eccetto
la
EMI
che
l’aveva
azzurra)
ed
una
trasparente
che
corrispondeva
ovviamente
alla
copertina.
Questo
fino
ai
primi
anni
’80,
poi
le
custodie
divennero
tutte
trasparenti
e
le
copertine
si
trasformarono
in
libretti
a
fisarmonica,
ma
i
caratteri
erano
così
piccoli
che
la
lettura risultava molto difficoltosa.
Rara
cassetta
antologica
della
casa
discografica
Numero
Uno
con
Lucio
Battisti
ed
altri
cantanti
della
sua scuderia (collezione personale del Direttore)
Per
quanto
riguarda
le
cassette
preregistrate,
prima
del
1970
non
ne
furono
pubblicate
tantissime.
Le
copertine
erano
veramente
minimali,
riportavano
sul
fronte
la
copertina
del
disco
corrispondente
e
all’interno
i
titoli
delle
canzoni.
Niente
altro.
Se
il
Long
Playing
conteneva
i
testi
delle
canzoni,
fotografie
o
(Le musicassette Il Direttore)
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