Archivio storico Copertina UNA FOTO BUCA LA StORIA: OLIMPIADI 1968, LA RIVOLTA DI TOMMIE SMITH e JOHN CARLOS.
“Mostrano sempre l’immagine ma non rac-contano mai la storia”. Con queste poche ma incisive parole John Carlos anni dopo com-mentava la foto del podio delle Olimpiadi del Messico con Tommie Smith e lo stesso Car-los con il pugno guantato levato in alto a im- peritura protesta contro il razzismo imperante in America contro i neri afro america-ni. Una fotografia che è rimasta un’icona senza tempo quella che li ritrae con le rispettive medaglie al collo: d’oro Tommie Smith di bronzo John Carlos. Invece l’australiano Peter Norman, giunto secondo, indossa sulla tuta la spilla del Progetto Olim-pico dei Diritti Umani che gli stessi atleti americani gli avevano donato negli spoglia-toi. In effetti quelle messicane furono le ve-re Olimpiadi degli anni Sessanta, dai quali assorbirono tutta l’effervescenza di quel pe- riodo con i diritti umani e politici in primo piano. Mi è capitato di leggere di recente un libro di rara bellezza, fatto di cronaca, quasi un lun-go articolo, che racconta la vicenda umana dei due grandi velocisti statunitensi passato alla Storia proprio per quella foto sul podio. Più che per la loro pur grande impresa sportiva. “Trentacinque secondi ancora. Tommie Smith e John Carlos il sacrificio e la gloria” scritto da Lorenzo Jervolino del quale avevo già letto una strepitosa biografia di Socrates, mi ha avvinto e lanciato d’incanto in quelle atmosfere cariche di tensione degli anni ses-santa ma anche nelle vite segnate dalla po-vertà e dalle umiliazioni che sia Smith che Carlos avevano attraversato nella loro gio-vanissima età. Da questa lettura l’idea di raccontare all’Eco una storia che cerca di spiegare che cosa c’è dietro, e dopo, quella storica foto.
Tommie Smith era nato a Clarksville, in Te-xas, proprio il giorno dello sbarco in Nor-mandia, il 6 giugno 1944. Era cresciuto in assoluta povertà insieme ad altri 11 fratelli e sorelle riempiendo ceste in una piantagione di cotone, si era iscritto all'università ven-dendo macchine e studiando la Costituzione e i discorsi di Thomas Jefferson. Correva ve-loce in pista, lo paragonavano a Jesse Owens, il campione afro- americano che alle Olimpiadi di Berlino del 1936 aveva tolto il sorriso a Hitler dominando le gare di veloci-tà nonostante la pelle scura. Lui però non voleva essere come Owens, cittadino emeri-to quando vinceva e negro il resto dell'anno. Quando tagliò il traguardo davanti a tutti nei 200 metri di Città de Messico, Tommie Smith aveva 24 anni. Fu il primo uomo a percorrere i 200 metri in meno di 20 secondi e decise di dedicare la sua medaglia d'oro ai fratelli e alle sorelle che venivano linciati, umiliati, esclusi nella terra delle pari opportunità. John Carlos invece era nato il 5 giugno 1945 ad Harlem, il ghetto nero di New York dove lavorava nel negozio di scarpe del padre e apriva le portiere dei taxi davanti ai locali jazz frequentati da Duke Ellington. Grazie alle sue doti atletiche, aveva vinto una borsa di studio al college e si era poi trasferito in California dove si allenavano i velocisti più forti del paese. Si era iscritto alla San Josè State University dove aveva conosciuto Tommie Smith e insieme avevano aderito al Progetto olimpico per i diritti umani. Quando conquistò la medaglia di bronzo a Città del Messico, John Carlos aveva 23 anni e pensò che la giustizia sociale fosse più importante di una
L’Eco di Roccasecca - Anno 21 - n-ro 101
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(di Ferdinando)