Noi ragazzini, oramai completamente scatenati, giocavamo ad acchiapparella nella
piazza affollata e ci inseguivamo correndo tra la gente, nascondendoci dietro a
loro, schivando qualche sganassone che ogni tanto qualcuno di quei signori,
esasperato, cercava giustamente di affibbiarci.
Poi tutto finì e quella notte finì anche mia la gioia poiché mi resi conto di aver
perso, nel parossismo di quelle ultime ore sfrenate, il tamburo di quella pistola
che non amavo.
La cosa più dura fu dirlo a mio padre che però non mi disse nulla.
Cos’era mai, in fondo, una pistola di finto argento di fronte ad un figlio appena
risuscitato? Ma ci rimase comunque male, lo si vedeva bene.
Il mattino seguente cercammo a lungo quel maledetto tamburo tra le cartacce
della piazza, chiedendo anche agli insonnoliti bancarellari se qualcuno avesse
trovato un tamburo a dieci colpi che sembrava d’argento, ma fu tutto inutile.
Dopo quella Festa non giocai più ai cowboy con i miei compagni, e neanche nelle
Feste che seguirono.
Stavamo crescendo tutti, cambiando rapidamente ed orientandoci verso altri
giochi, altri divertimenti e altri passatempi.
Quella pistoletta col manico rosso, però, così lungamente amata e così invano
desiderata, non l’ho mai dimenticata.
Renzo Marcuz
11 luglio 2013
A
corredo
del
bellissimo
ricordo
di
Renzo,
aggiungiamo
la
pagina
di
un
catalogo
,
che
contiene
la
“pistola
delle
Giubbe
Rosse”
da
lui
evocata
ed
altre dell’epoca.
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La pistola delle Giubbe rosse 4/4