La cucina dei pellirosse

Un’eredità degli indigeni americani

Squaw algonkina con zuppa e pannocchie in un disegno del 1585 di John White

 

Abbiamo parlato spesso delle ricette della nostra terra, argomento molto richiesto ed apprezzato da una larga fetta di lettori dell’Eco. Questa volta varchiamo un attimo le frontiere ciociare, per aprire un altro pentolone ricco di particolarissime e forse poco note informazioni relative alla cucina dei nostri fratelli indiani.

Le tribù del nord preparavano due pietanze a noi totalmente sconosciute: l’alce bollito e la carne di cane, serviti su piatti fatti di corteccia d’albero, che venivano gettati via dopo l’uso; una sorta di piatti usa e getta di circa tre secoli fa. Le tribù della costa orientale si trattavano bene: tra i loro piatti preferiti c’erano l’aragosta, i frutti di mare e vari altri crostacei, che cucinavano a vapore o arrostiti in rudimentali forni scavati sotto la sabbia, rivestiti con pietre calde. Questo particolare sistema di cottura di origine indiana viene tuttora usato sulle spiagge del New England, e d’estate non è insolito vedere cartelli che annunciano cotture di frutti di mare, organizzate da club locali.  

E questa è soltanto una delle tante tradizioni culinarie degli attuali Stati Uniti derivante dagli indiani e non dai primi coloni di origine europea. Infatti, anche gli indiani hanno lasciato un’eredità considerevole, che ancora oggi è molto evidente nelle cucine delle famiglie americane. Come scrisse Mary Jane Cryan, in un breve saggio del 1986, "se, trovandovi a visitare gli Stati Uniti, siete invitati ad un pranzo per la Festa del Ringraziamento, ringraziate gli indiani, oltre che la padrona di casa. Anche se oggi i cuochi americani moderni farciscono i loro tacchini e non usano la carne di cervo, un alimento di prestigio degli indiani, il resto del menu tradizionale per la Festa del Ringraziamento non è cambiato molto negli ultimi trecento anni. Nessuna tavola sarebbe completamente imbandita senza la salsa di mirtilli, la torta di zucca o il pane di granturco, tutti cibi indigeni che gli indiani insegnarono a preparare e ad apprezzare ai primi coloni". Questo pranzo della festa resta dunque l’eredità più evidente degli indiani americani; ma molte altre pietanze e anche alcuni utensili di cucina provengono direttamente dalla esperienza indiana. Le cosiddette "simmering pots" (pentole per far bollire a fuoco lento), molto usate oggi negli USA, sono simili a quelle usate dagli Algonkini. Un esploratore inglese, Arthur Barlowe, visitò queste tribù nel decennio 1580-1590, e nel diario della spedizione scrisse: "Usano grandi pentole di terracotta, così sottili che nemmeno gli inglesi saprebbero fare di meglio". In queste pentole si faceva cuocere un insieme di frutta, carne e pesce, (un piatto che ricorda la "paella" spagnola) a fuoco lento e costante. Ancora dal diario di Barlowe: "La moglie del capo ci condusse in una stanza dove il cibo era posto su una grande tavola contro il muro, come in un moderno buffet. Lì trovammo budino di grano bollito, cacciagione, pesce, sia bollito che arrosto, meloni freschi e meloni cotti, diversi tipi di radici, di vegetali e frutta."

Gli indiani della costa del Pacifico organizzavano delle feste chiamate "potlatch" ogni volta che avevano della cacciagione in più o un raccolto abbondante di ghiande (dalle quali ricavavano farina e dolci). Quando gli invitati delle tribù vicine ripartivano, dopo diversi giorni di festeggiamenti, portavano con sé tutto il cibo avanzato, per il viaggio di ritorno. Le "potlatch" sono diventate poi per i bianchi le cene "pot luck", avvenimenti sociali frequenti nell’America rurale d’oggi. Ciascun invitato ad una cena "pot luck", porta un suo piatto preparato per l’occasione. Il luogo dell’incontro è di solito la sala parrocchiale o il refettorio della scuola; i vari piatti vengono messi su un tavolo, e poi assaggiati, confrontati e gustati da tutti.

Arriva la cacciagione all’accampamento dei pionieri, esultano i bambini.

Un altro elemento caratteristico della cucina statunitense è lo sciroppo d’acero, poco usato da noi, ma molto noto per averlo visto spesso come condimento delle ciambelle nelle serie di telefilm televisivi o sulle vignette di Paperino. Questo sciroppo era sconosciuto nell’ Europa nel 16° secolo, ma ben presto divenne molto popolare tra i nuovi coloni. Gli indiani insegnarono loro ad intaccare la corteccia degli aceri da zucchero all’inizio della primavera, quando la linfa cominciava a salire e il terreno era spesso ed ancora coperto di neve. La linfa vischiosa veniva raccolta e quindi fatta bollire per ottenere lo zucchero e lo sciroppo d’acero. Scrive ancora Mary Jane Cryan: "Le caramelle di zucchero d’acero, e forse anche i lecca-lecca, provengono dall’usanza Chippewa di riempire di zucchero il becco di un'anatra per farlo succhiare ai bambini." Per lo meno, la cosa appare più invitante delle larve di vespa e delle cavallette arrostite che le tribù del lago Miwok, in California, consideravano specialità gastronomiche!

Gli indiani della costa del Pacifico organizzavano delle feste chiamate "potlatch" ogni volta che avevano della cacciagione in più o un raccolto abbondante di ghiande (dalle quali ricavavano farina e dolci). Quando gli invitati delle tribù vicine ripartivano, dopo diversi giorni di festeggiamenti, portavano con sé tutto il cibo avanzato, per il viaggio di ritorno. Le "potlatch" sono diventate poi per i bianchi le cene "pot luck", avvenimenti sociali frequenti nell’America rurale d’oggi. Ciascun invitato ad una cena "pot luck", porta un suo piatto preparato per l’occasione. Il luogo dell’incontro è di solito la sala parrocchiale o il refettorio della scuola; i vari piatti vengono messi su un tavolo, e poi assaggiati, confrontati e gustati da tutti.

Un altro elemento caratteristico della cucina statunitense è lo sciroppo d’acero, poco usato da noi, ma molto noto per averlo visto spesso come condimento delle ciambelle nelle serie di telefilm televisivi o sulle vignette di Paperino. Questo sciroppo era sconosciuto nell’ Europa nel 16° secolo, ma ben presto divenne molto popolare tra i nuovi coloni. Gli indiani insegnarono loro ad intaccare la corteccia degli aceri da zucchero all’inizio della primavera, quando la linfa cominciava a salire e il terreno era spesso ed ancora coperto di neve. La linfa vischiosa veniva raccolta e quindi fatta bollire per ottenere lo zucchero e lo sciroppo d’acero. Scrive ancora Mary Jane Cryan: "Le caramelle di zucchero d’acero, e forse anche i lecca-lecca, provengono dall’usanza Chippewa di riempire di zucchero il becco di un'anatra per farlo succhiare ai bambini." Per lo meno, la cosa appare più invitante delle larve di vespa e delle cavallette arrostite che le tribù del lago Miwok, in California, consideravano specialità gastronomiche!

   

Tempo di picnic e di barbecue: anche qui si ritrovano vecchie tradizioni indiane (nella cucina, non nel vestiario!)

E parliamo della stagione estiva, che è anche la stagione dei pic-nic e dei barbeque, momenti in cui la pannocchia di granturco è un piatto popolare (anche da noi), come lo era per gli indiani. Infatti, essi mangiavano il granturco sia "on the cob" (a pannocchie intere) che in grani; lo arrostivano, ne ricavavano farina per dolci e per fare il pane, o lo mettevano nelle loro minestre.

Panocchie e crostacei arrosto sulla spiaggia alla maniera dei pellirosse

 

La zuppa di granturco e quella di molluschi sono tuttora le minestre preferite nel New England.

Infine, sembra che anche due dei nostri vizi contemporanei, la gomma e il tabacco, derivino dagli indiani americani, i quali erano anche dei bevitori. Alcuni bevevano una birra leggera fatta con il granturco, le patate e le noccioline; in certi mesi, lungo la costa orientale, si beveva un particolare vino d’uva selvatica. Per il resto dell’anno, quelle tribù ricorrevano a bibite ottenute facendo bollire nell’acqua zenzero, cannella, sassofrasso ed altre erbe aromatiche. Una ricetta che sembra molto simile a certe bevande a "bollicine" che oggi in USA e in tutto il mondo vanno per la maggiore!

Augh.

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